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Lunedì, 10 Settembre 2012 21:52

Intervista Elisabeth Aro

Elizabeth Aro, artista poliedrica nata a Buenos Aires, cittadina del mondo ma fortemente latina: le sue scelte di vita l’hanno portata a stabilirsi in Spagna per 15 anni dal 1990 al 2005 e poi ad approdare in Italia.

Mondo_feltroE l’Italia sarà la terra definitiva o una tappa del percorso? E’ una domanda che le fa scaturire un sorriso: “Speriamo di no, vorrebbe dire che avrei smesso di ricercare”. Come un moderno Diogene, con il sacro fuoco dell’arte anche Elizabeth cerca, indaga, trattiene emozioni per poi farle scaturire secondo il suo estro nell’opera d’arte. E’ stata la prima donna ad esporre una personale al Reina Sophia di Buenos Aires, ha allestito mostre in tutto il mondo (dagli Stati Uniti all’America Latina, in Europa, in Egitto).

Il suo mondo artistico evolve attraverso diversi materiali, ma è sempre accattivante e caloroso, anche quando spinge ad un impatto duro come un mondo che sembra ardere ai piedi, o si frammenta in mille giochi di specchi. Questo perché dentro quel fuoco, dentro quel percorso esistenziale, quella ricerca, c’è un animo fiducioso nei confronti della natura dell’essere umano, portato sì a sbagliare, distruggere, ma anche illuminato nel suo intimo dal bene, da una cognizione ancestralmente positiva della vita e del suo valore.

Conoscere Elizabeth è come aprire una porta verso una nuova dimensione: un sorriso non ancora disincantato, forte, contagioso, sprigiona un’armonia, una gioia e una positività anche al di fuori della sua opera d’arte.

Come è iniziata la sua carriera artistica?

Mi sono diplomata in pittura a Buenos Aires, ho dipinto per diversi anni ma poi ho coltivato altre forme artistiche perché sentivo di non avere avuto modo di esprimere il mio mondo, la mia visione solo attraverso una tela.

Lei ha sperimentato e sperimenta tuttora diversi materiali: dai tessuti broccati al feltro, dal vetro al metallo. Ha preferito spostarsi verso un’arte tridimensionale?

Negli ultimi anni soprattutto ho privilegiato il mondo degli oggetti e degli spazi che li circondano. Conferiscono un forte impatto emotivo, comunicativo e danno a chi li osserva una capacità di interazione con l’immagine decisamente più intensa.

Vedendo un’opera come “The World is at your feet” (2007) l’intensità espressiva è certamente potenziata dalla posizione del tessuto oltre che dal colore. Il rosso ardente dona movimento al mondo ma che contemporaneamente sembra andare a fuoco da un lato e nascere dal magma iniziale dall’altro.

La percezione è molto importante nelle mie opere. E lo spettatore non è inattivo, ma è chiamato ad un “lavoro” concettuale, emozionale, interpretativo. Non è avulso, è partecipe: il mio tentativo è quello di provocare reazioni e dimostrare anche la complessità degli stati d’animo, la ricchezza e varietà che è “interna” ad ogni essere umano.

Lo spettatore è parte dell’opera anche in una delle sue ultime realizzazioni, esposta a Valencia proprio la scorsa settimana e intitolata “Mirror World”, un’installazione particolarmente evocativa.Mirror_world

Lo spettatore è a metà: dietro di sé ha un globo terrestre intatto che però si riflette (insieme a lui e al suo punto di osservazione) in un planisfero posto a terra e fatto di specchi frantumati. In questo caso le forme riflettono nel vero senso del termine la complessità del nostro universo emotivo e lo rendono “visibile”. Il mondo di specchi non è “rotto” ma frammentato, come le rappresentazioni emotive che ciascuno di noi riproduce, uniche e diverse. Per cui questa superficie non è rotta ma è la raffigurazione di una molteplicità di mondi interiori.

La rottura esteriore è una rappresentazione di una complessità interiore, come se la raffigurazione materica riuscisse a svelare meglio qualcosa che rimane confuso perché fatto di numerose emozioni. L’arte è come in un’interpretazione neoclassica, una forma di catarsi per liberarsi dalle emozioni e arrivare ad uno stato di quiete “superiore”?

Provocare una catarsi è un esperimento artisticamente interessante. Sarebbe come sciogliere un “nodo interiore” attraverso una materializzazione dell’emozione interna, una sua esternalizzazione per meglio comprenderla, assorbirla e superarla. Superarla nel senso di elevarsi al di sopra e raggiungere una pace. E’ un’ambizione quella di provocare una catarsi attraverso l’arte. Alcuni problemi ci comprimono e non ci permettono di vedere oltre, ma riuscendo a distogliere la nebbia anche la nostra visione delle cose e della vita assumerebbe tutta un’altra proporzione.

E’ un’arte che cambia, si evolve e spesso rimane “estemporanea” perché non sopravvive all’installazione. Non è un dolore anche questo da superare per un artista?

Le opere spesso hanno così tanta espressività e impatto perché sono poste nel luogo giusto. Ed è giusto che in alcuni casi “non sopravvivano” al luogo, rimangano nel ricordo. Mi interessa dimostrare anche come siamo in grado di portare avanti un cambiamento, gestirlo soprattutto se è inevitabile. La mia arte stessa è cambiata nel corso del tempo perché sono maturati sentimenti, emozioni, riflessioni che per me sono come degli accessori della nostra vita. Senza non avremmo la capacità di andare oltre, capire, migliorare.

Lei ora ha scelto di fare tappa nel suo viaggio in Italia. E di affrontare una nuova avventura che è la costituzione di una Associazione in un territorio dal paesaggio fortemente artistico.

I miei nonni erano europei, spagnoli e italiani. Dunque anche nel mio percorso “a ritroso” sto recuperando le mie radici. Qui sto portando avanti la mia ricerca artistica e contemporaneamente ho deciso di far nascere una Associazione culturale “Big Bang” che possa valorizzare il territorio e i suoi artisti. Abbiamo sede in una zona splendida tra il lago Maggiore e d’Orta, in Piemonte. Abbiamo già realizzato diverse iniziative portando artisti italiani ad esporre in diverse parti d’Europa, ospiti di altri artisti. Un sodalizio, uno scambio di opportunità.

Il Piemonte è la sua terra “d’adozione”, ma lei ha ricambiato in maniera artistica…

Ho avuto l’onore di rappresentare il Piemonte nel 2009 durante una mostra a Il Cairo in cui ho realizzato le mie opere con tessuti prodotti nella regione.

La sua sperimentazione ha “toccato” diversi materiali, qual è l’opera che le manca e le piacerebbe realizzare nel futuro? Sicuramente una scultura urbana.

Non saprei ancora immaginarla ma mi piacerebbe realizzarne una.

Il mondo moderno è in una fase storica critica, se dovesse farne una fotografia istantanea quale immagine gli dedicherebbe?

Qualcosa di floreale. Tutto il negativo che ci viene comunicato colpisce più delle notizie positive perché noi come esseri umani non siamo capaci di introiettare le emozioni così violente. Ma dobbiamo guardare avanti e fare lo sforzo di cogliere anche in questa fase difficile ciò che di buono accade intorno a noi.

TB Gennaio 2012

Giovedì, 16 Settembre 2010 00:08

Intervista a Stefano d'Anna

Professor Stefano D'Anna - Rettore European School of Economics - ESE Economista, sociologo, Stefano D’Anna è un sognatore pragmatico, un filosofo d’azione che assomma in sé in modo singolare la figura di accademico ed imprenditore, di pedagogo e di uomo d’affari. Scrittore e conferenziere internazionale, vive in Toscana e lavora tra Londra, New York e Milano. Dal 1994 è Rettore della ESE – College britannico, alta Scuola di Economia e Finanza con Atenei a Londra, New York e tre Campus in Italia

Come rappresenta la filosofia della scuola?

La parola educazione trova il proprio etimo in “ex duco” che significa “guidare, condurre fuori” piuttosto che aggiungere nozioni e contenuti: questaStefano_Anna comprensione rovescia l’ordinario modo di intendere la formazione e il suo approccio. Estrarre quindi, eliminare…ma che cosa? E’ qui che si incentra la riflessione della ESE – The European School of Economics e insieme la sua missione: educare significa togliere pregiudizi ei vincoli, significa sradicare il provincialismo e ogni condizione limitante delle capacità della persona. L’ambiente psicologico che la scuola è solita offrire è che lo studente stia lì per conseguire un titolo, per assicurarsi una specie di passaporto che gli permetta di inserirsi nel mondo del lavoro, per avviare la sua carriera. L’educazione superiore, e lo studio in generale, ancora si fonda su una concezione aristotelica. Una logica che da secoli imperversa nelle scuole e nelle università di tutto il mondo e che ha creato conformismo, ha irreggimentato la mente dei giovani tarpandone la fantasia, lo slancio vitale, la ricerca della propria unicità. Ha inoltre allontanato inimmaginabilmente le scuole e gli atenei dal mondo dell’azione. Nell’abbattimento dello steccato tra sapere e saper fare, tra mondo accademico e impresa, la ESE è stata un precursore affrontando passi pionieristici. Innanzitutto ha stretto alleanza con le grandi imprese del mondo e ridotto la preponderanza quasi assoluta dello studio teorico in senso tradizionale contenendolo entro un 50% del totale del tempo e delle risorse. L’altro 50% è dedicato al lavoro sul campo, agli stage in azienda. l’In-Company Training Program della ESE, il programma di stage per i suoi studenti, è tra i più completi d’Europa con oltre mille imprese leader che collaborano per assicurare agli studenti ESE in più riprese, in Italia e all’estero, lunghi periodi di internship nei settori avanzati del Business internazionale.

Visibilia ex invisibilibus è il “pay off” della ESE: qual è il significato che lei attribuisce a quest’affermazione?

Il visibile, tutto ciò che vediamo e tocchiamo, è un prodotto dell’invisibile, una proiezione dell’essere di un uomo, di un individuo. La vita è come tu la sogni. Per questo accanto all’impegno teorico, teso all’eccellenza accademica, e all’azione sul campo, rivolta a creare le abilità pratiche, c’è poi un lavoro che attinge direttamente alle radici socratiche dell’università e al concetto stesso della sua missione: insegnare ai giovani l’arte di conoscersi, di scoprire se stessi per diventare padroni della propria vita. Non c’è nient’altro che sia più importante. Il lavoro sull’aspetto psicologico e delle attitudini, l’approfondimento della conoscenza delle qualità e capacità di ogni individuo, è quello che le università non fanno, o meglio, è quello che hanno ormai dimenticato e che pure è la loro vera raison d’etre. In ESE questo lavoro punta a capire che cosa ogni studente è nato per fare, e costantemente lo sospinge a fare quello che veramente ama e alla scoperta della propria unicità.

Quella che la ESE propone è quindi la formula dell’università del futuro…

All’opposto. Paradossalmente si potrebbe dire che la visione pedagogica della ESE è la proposta di un ritorno alle radici. Essa nasce dalla realizzazione che, a dispetto del progresso scientifico e materiale, l’educazione superiore è regredita rispetto al meraviglioso progetto dell’Accademia, del “sogno” di Platone. Quel modello di scuola, quegli istituti di educazione superiore che molto più tardi, nel medioevo, si sarebbero poi chiamati università, erano scuole di pensiero, nascevano intorno a un maestro, presupponevano la sua vicinanza con i discepoli; sorgevano in luoghi incantevoli scelti per la magia della loro storia; erano poste sempre vicino a fiumi e a fonti d’acqua. Non a caso l’Accademia si trovava in prossimità del Cefiso, il Liceo, ad est di Atene, era lambito dalle acque dell’Eridano e il Cinosarge, a sud della città, dove insegnò il cinico Antistene, era vicino all’Ilisso. L’acqua, oltre che simbolo di vita e di conoscenza, serviva per le abluzioni. In queste scuole la cultura del corpo e dello spirito erano i due profili della stessa realtà, indivisibile. La European School of Economics mette insieme questi tre elementi: lo studio teorico, che deve essere, il va sans dire, un elemento di eccellenza, il pragmatismo, che significa dare finalmente un peso adeguato alla preparazione pratica e, infine, ma non ultimo, lo sviluppo della persona: una preparazione psicologica alla leadership che riguarda in primo luogo il governo di se stessi e poi l’assunzione della responsabilità di guidare gli altri. Tutto questo in un ambiente multiculturale, di grande internazionalità, in una struttura multicampus, con Atenei aperti nelle capitali del mondo, dove gli studenti provengono da oltre settanta diverse nazionalità.

Nel Suo Libro “la Scuola degli Dei”, un best-seller internazionale, ricorrono spesso concetti legati alla crescita della responsabilità come: “niente è esterno” o “il mondo è così perché tu sei così”. Quali sono i passi decisivi per innalzare la responsabilità nell’individuo, come può una scuola arrivare a questo risultato?

“Nothing is external” o “The world is such because you are such” sono la moderna trasposizione di quell’apice dell’intelligenza umana magistralmente compresso nell’aforisma cristiano “mea culpa”. Essa è la formulazione più sintentica della responsailità mai enunciata nella storia dell’uomo. Questa visione è tradotta in termini comprensibili ai ragazzi d’oggi in: nothing is external, niente proviene dall’esterno. Forte e profonda in una scuola per leader deve essere la convinzione che qualsiasi evento o circostanza esterna della nostra vita è soltanto il riflesso della nostra psicologia, della nostra attitudine. Il mondo è lo specchio di Narciso, un riflesso dell’essere. Su questo crinale le tradizioni filosofiche e le religioni del mondo si dividono tra quelle che mettono Dio fuori di noi e quelle che lo collocano dentro di noi. Le prime danno rilevanza a un mondo esterno su cui l’uomo può influire ben poco e da cui sostanzialmente dipende. C’è un dio esterno dalla cui imperscrutabile volontà tutto origina, un essere inconoscibile al quale bisogna rivolgere preghiere e offrire riti propiziatori sperando nella sua benevolenza. Questa fisolosofia si potrebbe ironicamente, e amaramente, riassumere nella rassegnata e tragicomica espressione: speriamo che io me la cavo. Le seconde vedono il Creatore al nostro servizio e credono che la scintilla divina, e soprattutto la capacità di determinare il proprio destino, sia dentro di noi.

E’ la concezione romana dell’Homo Faber Fortunae Suae?

Si. Ogni costruzione sociale forte e longeva è stata fondata sulla consapevolezza/certezza che tutto dipende da noi. Non è eccessivo affermare che su questa locuzione è stato costruito l’impero romano. Accettare la responsabilità che questa concezione comporta significa realizzare veramente quanto ogni individuo sia libero di scegliere cosa gli accadrà. Questa linea di pensiero, e la forza morale che ne deriva, arriva fino alla visione del Dreamer, riportata nel mio Libro: La Scuola degli Dei, che è in realtà una mappa, un piano di fuga per evadere dal carcere psicologico in cui l’uomo ha imprigionato se stesso. E’ il manifesto di una rivoluzione, la rivoluzione dell’individuo che non accetta più la vecchiaia, la malattia e la morte come suo destino ineluttabile. Una vera università è innanzitutto una scuola dell’essere che pone le cruciali questioni su chi siamo, come siamo; una scuola che propone un lavoro in profondità sui nostri stati, sulle attitudini e modi di pensare, sulle nostre emozioni, immaginazioni, reazioni. E’ questo lavoro sull’essere che la ESE mette al cuore del suo progetto pedagogico considerandolo parte fondamentale di un’educazione completa capace di nutrire la mente ma anche nuovi sensi come la creatività, l’intuizione, ed un settimo senso, il sogno. Ritornando alla Sua domanda, se ci sono “passi” decisivi sul cammino verso più alti livelli di responsabilità, rispondo di no. Individuare tappe implica il concetto di tempo. In realtà il lavoro sull’essere non è un processo nel tempo, ma un viaggio da condurre dentro noi stessi, nell’essere. dove il tempo non esiste. Il territorio del fare è solo qui, nell’immensità, nell’infinità di questo istante.

Il miglior momento per un lavoro sull’essere è quindi adesso. Come Lei scrive: la capacità di un leader è vivere nel presente senza essere intrappolato nel ricordo del passato o nell’immaginazione del futuro. Una vera sfida: è davvero possibile riuscirci? Qual è il primo passo da fare per andare verso questa direzione di timelessness, in assenza di piani e programmi?

Tutti abbiamo gustato l’eternità. E’ stato quando, apparentemente per nove mesi, ma in realtà per un tempo infinito, siamo stati esseri acquatici, sospesi nel tiepido liquido del sacco amniotico. Dentro di noi c’è ancora viva la conoscenza di un mondo senza tempo dove non esiste contrapposizione tra esterno ed interno o qualsiasi altra contrapposizione o divisione. Eliminata la cortina fumogena del tempo possiamo realizzare come le idee che in noi sono vive ed in cui crediamo, in realtà sono già la nostra realtà. Il tempo è come una vernice che permettere di rendere visibile ciò che in noi è già accaduto. Così per esempio quando fu realizzato il grande parco di Disney World ad Orlando, voluto da Walt Disney e completato quando era da poco scomparso, all’affermazione malinconica di un giornalista “Se suo padre avesse potuto vedere…! ”, la figlia rispose “Se mio padre non l’avesse già visto tutto questo adesso non ci sarebbe”.

L’integrità e la trasparenza sono temi centrali che dovrebbero guidare il business. Come portarli avanti concretamente?

L’integrità viene spesso confusa con l’integrità morale: nella filosofia della ESE si tratta invece di due concetti ben distinti. L’integrità di un leader va intesa come completezza interiore, unità dell’essere. E’ la condizione psicologica di un individuo che ha saputo superare una logica conflittuale, eliminare ogni lotta interna, ogni divisione, contraddizione. Questa completezza o integrità si mostra evidente in alcune features psicologiche della leadership come la capacità di credere in se stessi, di prendere decisioni cruciali senza esitazioni o dubbi paralizzanti, di non essere vittima di paure o preda di immaginazioni negative. Il Cristianesimo primitivo ha chiamato fede la qualità esclusiva di quegli uomini speciali capaci credere prima di vedere, la loro forza capace di dare concretezza all’impossibile, di spostare le bibliche montagne. La nostra civiltà deve tutto a questi uomini, matti luminosi che si sono lasciati il mondo alle spalle per l’incapacità di mantenere il loro passo. Li abbiamo osteggiati, perseguitati, spesso eliminati senza capire che essi sono il sale della terra. Ecco, è tempo di creare Scuole capaci di forgiarli, di educarli e di immetterli nel mondo come cellule nuove e vitali di una umanità guarita. La ESE da alcuni anni conduce l’Integrity Seminar, un workshop per top manager e leader d’impresa che ha avuto edizioni nelle maggiori capitali del mondo, da Roma a Shanghai, da Budapest a New York. L’obiettivo è portare avanti questi concetti e proporre agli uomini con grandi responsabilità, in economia come in politica, un lavoro rivolto alla realizzazione di questa compattezza interiore, l’Integrity come condizione dell’essere. La ESE ha individuato in questa la parola chiave del futuro e la base stessa della leadership. La integrità di un leader ha la capacità di attirare uomini e risorse dando loro una ferma direzione verso l’alto, e poi visibilmente, verso il successo. L’integrità morale non può essere perseguita per sé, e meno che mai può essere sviluppata da corsi di etica, ma come una naturale conseguenza della integrità tout court. Essa emerge in un individuo che ha eliminato dal suo essere ogni contrapposizione e ha armonizzato in sé gli eterni antagonismi di sempre: business ed etica, azione e contemplazione, potere finanziario e amore.

Come si diventa “sognatori pragmatici” e come si apprende l’arte del sognare, come dice il Suo Libro: la capacità di trasformare l’impossibile in possibile e poi in inevitabile?

Il sogno è la cosa più reale che ci sia – dice il Dreamer. Tutto nasce dal sogno. Il sogno può essere soltanto dell’individuo: non si può sognare né in due, né in mille o in un milione. La massa non può sognare e di fatto non ha mai creato nulla. Solo l’individuo crea e può portare cambiamenti nella società. Come scuola, abbiamo la missione di preparare sognatori che allo stesso tempo abbiamo grande concretezza. Li abbiamo chiamati pragmatic dreamers coniando la sintesi più efficace di un progetto educativo antico di millenni, espresso nell’apparente paradosso biblico: innocenti come colombe e astuti come serpenti. Occorrono scuole capaci di educare uomini e donne scaltri nel mondo degli eventi e innocenti nell’essere. Nell’azione essi devono competere e vincere con gli avversari e gli antagonisti più scaltri e preparati, mentre interiormente a nessuno deve essere permesso di intaccare la loro integrità, niente deve produrre ferite. Innocente deriva da “in-nocuus“, che non nuoce, cioè incapace di cagionarci un danno. Un sognatore pragmatico concilia in sé la parte sognante ed il fare pragmatico senza scinderli mai. Nella sua visione non c’è separazione tra esterno ed interno, visibile ed invisibile, tra essere ed avere. Egli sa che un uomo può solo avere ciò che è, può solo possedere ciò di cui è responsabile.

Quale è stato il percorso che l’ha portata a fondare ESE? Quali i passi decisivi? Come ha superato gli inevitabili ostacoli?

 L’incontro con il Dreamer è stato determinante, Un giorno mi ha affidato il compito di creare una nuova università, una fucina di uomini visionari, pragmatic dreamers. E anche se avevo ricevuto da Lui un lungo tirocinio, quando mi fu annunciato mi sentii schiacciato da un tale compito. Poi mi rimboccai le maniche e iniziai dal primo studente fino a raggiungerne migliaia. Tutti ragazzi con un sogno da realizzare, tutti attirati dal suono del flauto magico delle idee e dei principi del Dreamer. Quando si è pronti veramente a realizzare un sogno, gli ostacoli si smussano e le difficoltà che ci apparivano insormontabili come montagne si rivelano lievi gibbosità su cui mettere il piede e andare oltre. Realizzai che tutto nella mia vita, nel bene e nel male, mi aveva preparato a questa impresa. Così quando mi chiedono cosa facevo prima di diventare il rettore della ESE rispondo: mi preparavo a diventare il Rettore della ESE. Aver appreso dal Dreamer che l’antagonista è il realtà il tuo migliore alleato è stata una grande realizzazione. La sua forza apparentemente avversa ci tiene svegli e attivi e lavora giorno e notte al nostro servizio. Un vantaggio competitivo impareggiabile degli studenti ESE è sapere che l’unico e solo scopo dell’antagonista è la tua vittoria. Nel mio Libro, La Scuola degli Dei, é raccontata la nascita della Scuola e si ritrovano le idee e i principi che l’hanno ispirata e tuttora la guidano.

Qual è il suo sogno per il futuro? E per i suoi allievi?

Il sogno della ESE è la continuazione del Sogno di Platone e la sua evoluzione: realizzare una Scuola che metta l’individuo, il singolo studente al centro di ogni attività e il suo sogno in cima ad ogni priorità. E che ogni studente scopra quali sono i suoi talenti, per che cosa è nato. Il sogno che trasmettiamo ai nostri allievi è che ognuno di essi abbia le qualità e l’opportunità di scegliere e non di essere scelto, e che faccia nella vita ciò che veramente ama.

La preparazione che date ai vostri studenti è fortemente internazionale, con la possibilità unica di spostarsi da un campus all’altro – Londra, Milano, Lucca, Roma, New York – dove la ESE ha sede. E’ così che si diventa cittadini del mondo?

Are you ready to be a planetary citizen? Questo è l’appello ed allo stesso tempo la sfida lanciata dalla ESE per recrutare I futuri leader globali. Per diventare cittadini del mondo non è sufficiente viaggiare e conoscere le lingue. E neanche è sufficiente creare uno spazio accademico senza frontiere, come la ESE ha fatto, dove gli studenti possano muoversi da una nazione all’altra, da un campus all’altro, in completa libertà. Anche questo non basta a educare planetary citizens. Per perdere i contorni che ci costringono in una cultura, entro i confini angusti di una nazionalità, occorre perdere il provincialismo, vanno eliminati pregiudizi e idee di seconda mano trasmessi attraverso anni e anni di educazione, direi di indottrinamento, alla uniformità. Siamo ancora ai primordi di una educazione tesa a preparare donne e uomini liberi, pensatori indipendenti. Leader globali, veri cittadini del mondo.

Un suo consiglio per dare a Finanza Straordinaria.it un respiro internazionale perché tutti coloro che la utilizzano, da qualunque nazione, se ne sentano parte?

Una organizzazione è l’espressione del suo fondatore come furono i regni per gli antichi sovrani. Le sue caratteristiche, il segreto del suo successo e anche della sua longevità sono nelle idee, nel sogno di chi l’ha creata. Conoscendo il professor Marco Arcari posso prevedere che il suo progetto di strada ne farà tanta e troverà lettori e fans in tutti i paesi del mondo… E questo è anche il mio personale auspicio.

Domenica, 19 Settembre 2010 11:20

Intervista Mario Benassi

MarioBenassi_FILEminimizerProfessor Mario Benassi- Docente presso l'Università degli studi di Milano Doccente di Business Plan ed Economia e Gestione di Impresa presso l'UNiversita degli Studi di Milano Si occupa di nuove forme organizzative e di business development con particolare riferimento ai settori high-tech Ha svolto e svolge attività di docenza e consulenza in Italia e all'estero

In America il tema dell'innovazione è molto coltivato, garantendo una continuità tra idee e sviluppo imprenditoriale. Secondo lei si potrebbe importare in Italia un sistema d'eccellenza come quello della Silicon Valley?

Silicon Valley è il risultato di una miscela sapiente fatta di investimenti nella ricerca, spirito imprenditoriale, attitudine al rischio e supporto istituzionale in una situazione di “prato verde”.

Non è realistico pensare di importarne la formula nel contesto italiano, dove prevalgono inerzie e resistenze corporative di vario genere. Si può invece pensare di costruire un sistema di alleanze a forte carattere operativo con quella realtà, confidando che possa retroagire sul contesto nazionale e agire da stimolo al riguardo

Intervistando il Dott. Piol al riguardo è emerso un problema culturale della realtà italiana rispetto a quella internazionale relativamente all'importanza degli investimenti Venture Capital. Lei concorda con questa tesi? Come si potrebbe superare questa empasse?

Il sistema finanziario italiano ha colto in ritardo e con sospetto la dimensione del venture capital, e non è riuscito a dotarsi delle competenze necessarie per farne una leva di sviluppo. Ciò detto, va ricordato che la arretratezza del venture capital dipende anche, in Europa e in Italia in particolare, da una offerta di progetti imprenditoriali modesta, sia per scala che per scope

Secondo lei quali strumenti dovrebbero essere messi a disposizione dalle istituzioni per favorire un maggior incremento delle start up?

Suggerirei di ricorrere a strumenti leggeri quali quelli intesi a favorire la mobilità del capitale umane. Per un giovane che abbia qualche idea brillante conta più un viaggio che lo esponga alle realtà avanzate in Silicon che non un modesto contributo in conto capitale

L'attuale riforma universitaria è stata aspramente contestata. Ma qual è effettivamente la situazione nell'ambito della ricerca?

Non si può rispondere in una battuta. Se parliamo di ricerca per le imprese, viene spesso considerata un costo da limitare piuttosto che uno strumento di vantaggio competitivo possibile. Se parliamo delle istituzioni e della ricerca pubblica, dobbiamo purtroppo rilevare come prevalga un orientamento cerimoniale, poco attento a scelte coraggiose e rigorose

I giovani e il sogno imprenditoriale. Iban ha scelto finanzastraordinaria.it per pubblicare integralmente la guida … . Secondo lei quali passi si devono compiere per passare da giovane con il sogno imprenditoriale ad imprenditore di una start up?

La miscela è molto articolata, ma in generale direi che servono esempi da imitare, “sparring partners” con cui allenarsi, persone, imprese e istituzioni su cui fare leva e su cui poter contare. Tutte cose che al momento mancano.

Quali strumenti ritiene siano necessari per portare alla luce degli investitori le idee di start up? Ce ne sono a sufficienza? E se sì, come potrebbe essere migliorato il canale di comunicazione?

Ci sono pochi investitori e le idee e i progetti non abbondano. Ciò detto occorrerebbe facilitare i canali di comunicazione e di coprogettazione nella fase di presviluppo. Ci sono molte buone idee che non hanno la forza per diventare impresa, il che non vuole dire non possano tramutarsi in progetti profittevoli.

Finanzastraordinaria.it ha lanciato “Start up your dream” concorso che premierà la migliore idea imprenditoriale dando la possibilità di realizzare il progetto. Qualche consiglio per i giovani che volessero presentare i progetti in modo “vincente”?

Al di la delle solite ricette, essere chiari e al limite didascalici, cosi come trasmettere l’entusiasmo per quello che si intende fare, dimostrando che ci si crede.

Quali suggerimenti darebbe a www.finanzastraordinaria.it per rispondere in modo sempre più concreto ed efficace alle sue esigenze di professionista?

Diffondere le iniziative che hannno successo e fare da ripetitore per le cose facilmente riproducibili.

L’ultima domanda vuole avere una veste spiritosa: uno scoop da comunicare in anteprima ed esclusiva a finanza straordinaria.

Stiamo lanciando newbusinesslab, un laboratorio aperto a tutti gli studenti di Unimi che abbiano idee brillanti e vogliamo sviluppare progetti innovativi

Domenica, 19 Settembre 2010 12:18

Intervista Paolo Anselmo

Paolo Anselmo - Presidente IBAN President, non-profit International Association INSME, International Network for Small and Medium Sized EnterprisesPaolo_Anselmo_FILEminimizer (SMEs) Since 1999, Paolo Anselmo is responsible for general management of the IBAN Presidency based in Milan (Italy). Actually Paolo is INSME s President and member of EBAN s (European Business Angel Network) Executive Committee. Paolo has been, since 1994 to 2006, the Managing Director of the Aosta Valley Regional Development Agency (Centro Sviluppo SpA).Paolo was CEO of important helicopters transport companies based in Italy and Spain. Paolo Anselmo (49) has a Degree of Aeronautic Engineering at the Polytechnic of Turin (Italy).

Mr. Paolo Anselmo, President of IBAN - Italian Business Angels Network Association and Vice-President of EBAN - European Business Angels Network Association, gave a lecture on 12.03.2008 at European School of Economics with regard to Business Angels activity in Italy.

In 1999 the European Business Angels Network (EBAN) was founded and it was joined by the Italian association IBAN. The organization helps an entrepreneur to develop a business plan and to meet an investor. Business Angels play an important role in managerial financial institutions and can strongly stimulate the development of small and medium enterprises. Business Angels understand the equilibrium between risk and remuneration ( the higher risk- the higher remuneration). Banks are the main money suppliers for small and medium companies, but considering the unwillingness of banks to risk their capitals, nowadays it’s more and more difficult for start-ups to access finance. SME’s market (Small, Medium. Enterprise) segment is a high risk segment, and requires some forms of security that for small and developing companies are strict exigent, taking into account that all intangible assets are not considered as a security.

The paradox is that banks, venture capitalists and stock exchange have money to support the entrepreneur, but they assure that there are projects not good enough, or probably they are not really interested in early staged companies. Equity finance demonstrates cultural reluctance from both demand and supply sight, while venture capitalists invest in higher amounts and do not cover the gap between start-up and growth.

Business Angels’ financing is one of the solutions to fill this gap. Generally speaking, business men are faced with four types of issues when trying to raise equity, which are cultural reluctance, when it comes to open their companies to outsiders; difficulties in presenting themselves or their business plan in a way that accommodates the priorities and management requirements of equity suppliers; project investment readiness: certain credit and venture capital tools are not fitted to the needs of all kind of businesses at every stage of their development; difficulties in identifying and reckoning with the administrative requirements of venture capital and credit providers. Such requirements include projects’ information as well as financial and managerial data. Downstream of investment, businesses should also recognize the importance of regular, properly formatted reports to investors.

There are different ways to finance businesses, one of which is informal investment, in other words Business Angels. ‘Business Angels are investors who provide risk capital directly to new and growing businesses in which they have no prior connection’ (Harrison and Mason, 1996). They are ready to invest and to risk in start-up firms, to invest their own money, usually 20-30% of their cash capital. They are willing to share their managerial skills and enterprise background, and are ready to wait for an exit for 3-5 years. According to a research conducted on UK angels in 1998/1999, 34% of investments involved total loss, 6% involved partial loss, 8% broke even, 7% had a return of fewer than 10%, 7% had a return of 10-24%, 13% had a return of 25-49% and 25% had a return of over 50%.

The Business Angels Syndication- the gathering of several business angels into an informal consortium- was made for the purpose of creating a critical mass of funds above which each business angel could- or would be prepared to-invest. Business Angels Syndicate pools the competition in order to offer more managerial skills than any individual business angel could display. Let’s cover issues which distinguish business angels from venture capitalists. Venture capital is easy to find and it can often provide large investment via syndication, whereas business angels’ investment amount is limited and it is more difficult to find. For venture capitalists your request is only one among many hundreds they receive, due diligence and investment process are thorough and formal.

Business angels often request a strong personal involvement, investment decisions are quick and less formal. Finally, venture capitalists’ exit route is very important, whereas business angels’ exit route is less focused. The investment process itself starts with the initial contact, which could be made by means such as a meeting, a reference, a telephone call, fax, e-mail, etc. The investor makes an initial evaluation of the proposal, and a decision is taken on the basis of this first evaluation and in accordance with the expectations of the company; the decision is about whether or not to proceed with a detailed analysis.

Analysis of the potential investment includes several meetings with the management team of the company. Then follows the evaluation of business opportunity and the management team capacity in order to correctly interpret their objectives and corporate culture. Later an analysis of business plan, product line and target market take place. Finally they agree on the most appropriate financial structure regarding the company’s projects and financial needs. BAN provides many important tools for the entrepreneur (identification of potential investors, preparing the contact with BA, assistance for the matching, information on additional fund raising, and so on) and business angel (training programs like BA academies, organisation of investments forums/clubs, personal introductions, possibility of co-financing with other BA, links with other networks and so on).

Matching services can be arranged in different ways: calculation of information (e-mail newsletters, website, news magazine), investors clubs, business forum or informal one-to-one meetings. All the above listed solutions can be used separately as well as combined with each others. At the end let’s pay attention to statistics. According to the amount of BAN( national and regional) in the country, the first place belongs to UK (50), then France and Germany with 48 and 40 accordingly. Italy is on the fourth place-10 BAN.

Benchmarking angels activity in USA and Europe shows the following data: in 2006 in US recorded 234.000 angels with an invested amount of $25.6 Billion in 51.000 companies. While in Europe in 2006 there were 50.000/75.000 angels, with an invested amount of 2-3 Billion Euro. According to the forecasts this number will double during the next two years. About evidence of EBAN in 2006 in Europe there were 9.000 active angels in 97 networks, 653 deals done and 127 mln Euro invested (recorded activity only in responding networks: just a very small portion of the activity) The potential of Business Angels in Italy is 195.000- High Net Worth Individual, while in Europe it is 2,6 mln and in USA 2,7 mln. IBAN estimates that more than 8-10.000 informal investors could be mobilized in Italy as Business Angels.

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