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Venerdì, 01 Aprile 2011 09:33

La riforma dei servizi pubblici locali

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La riforma dei servizi pubblici locali: Proposta di una soluzione per tutelare gli interessi delle comunità locali, tutelare le volontà del legislatore e favorire una gestione fiscalmente efficiente.

A cura di Marco Arcari Docente universitario www.uniese.it

A seguito della pubblicazione nella gazzetta ufficiale del regolamento di attuazione dell'articolo 23 bis del decreto legge 112 / 2008 in materia di servizi pubblici locali un nuovo impulso alla cosiddetta " privatizzazione dei pubblici servizi" ha preso corpo.

La vicenda è ormai annosa, ne abbiamo già scritto in diverse occasioni [Family Office, marzo 2008, www.finanzastraordinaria.it, 2009]. In realtà il procedimento aveva avuto una prima evidenza legislativa tramite il decreto Lanzillotta per poi proseguire per numerosi anni fino ad oggi.

Questo articolo vuole suggerire una soluzione tecnica, tralasciando in quest'occasione, per lo meno parzialmente, il nostro intento divulgativo. Per tale motivo non si riportano i motivi che hanno condotto ad una legislazione specifica in tema di servizi pubblici locali ma ci soffermeremo solo sulla possibile soluzione, che abbia il pregio di contemperare numerose esigenze spesso in contrasto tra loro.

Cosa proponiamo:

La costituzione di un veicolo secondo le disposizioni della direttiva Presidente Banca d'Italia sulle SGR capitale ridotto, provvedimento del 18/7/2001, in cui gli enti pubblici territoriali abbiano la maggioranza del 51% e con una quota di minoranza (minimo 40%, per legge) posseduta da un privato operatore ed in ogni caso con la possibilità di far partecipare i cittadini stessi nel capitale dell'iniziativa per una quota minoritaria.

I benefici del modello:

  • capitale minimo (solo 100.000 euro richiesti per il capitale sociale della SGR)
  • costi ridotti
  • camera di compensazione naturale di tutti gli interessi, anche politici
  • fiscalità molto privilegiata
  • possibilità di compartecipazione per i cittadini
  • controllo al di sopra di ogni sospetto (Banca d'Italia)

Svantaggi

A discapito del plurale utilizzato nell'intestazione c’è solo un limite, più che svantaggio, di questa costruzione societaria ed è l'ammontare massimo di risorse che la società potrà gestire, non superiore ai € 25 milioni. Tale limite potrà precludere alle grandi città l'utilizzo di tale modello ma ben si adatta a tutte le medie città e ai consorzi di piccole città che spesso gestiscono i servizi oggetto di regolamentazioni della legge di cui si sta discutendo.

Oggi la soluzione più conveniente e meno traumatica possibile c'è ed è disponibile. Tale soluzione non obbliga a disperdere il patrimonio degli enti locali maturato in alcuni casi con anni di onorato servizio pubblico locale.

Anche i partiti politici più ostili a tale processo di “privatizzazione” delle municipalizzate potranno trovare in questa soluzione il giusto recepimento delle loro istanze. 

La privatizzazione delle municipalizzate o comunque il processo di compartecipazione dei privati nell’erogazione di servizi “pubblici” alla comunità locale è un lungo percorso, frammentato da ostacoli, cambi di corsia, inseguimenti rocamboleschi da parte della Comunità Europea nei confronti dell’Italia che ha visto prevalere per ora l’astuzia degli sfuggenti italiani.

A titolo solo di brevissimo richiamo non esaustivo ecco alcuni recenti provvedimenti sul tema:

DL 112/2008 convertito in legge 133/2008 modificata dal decreto 18/09/2010 (Ronchi, prevalentemente sull'acqua ma interpretabile per estensione). Ronchi salva -infrazioni, DL 1354/2009 convertito in L.166/2009 con l'evidenza pubblica della trattativa di affidamento dei servizi. Più recentemente: D.L. 78 del 2010 convertito in legge 122 del 2010 con i relativi regolamenti attuativi.

A nostro giudizio l'argomento in questione, pur tornato alla ribalta , non si può dire sia d'attualità per due motivi: 

  • è l'ennesima rielaborazione di previsioni legislative antecedenti 
  • soprattutto è stato prorogato nuovamente il termine con la manovra estiva 2010 (DL 72/2010)

si passa quindi dal 31/12/2010 al 31/12/2011 come termine per mettere in liquidazione le società che producono servizi pubblici di proprietà degli enti pubblici territoriali (" municipalizzate") e comunque la disposizione forza la dismissione delle quote o azioni.

La convinzione è che non sia l’ultimo dei rinvii ma ciò non toglie che il processo di" privatizzazione" dei servizi pubblici locali sia ormai avviato e difficilmente tale processo si potrà arrestare, pena anche sanzioni severe dell’Unione Europea.

Con l'approvazione dei regolamenti previsti dall'articolo 23 bis DL 112/2008 le informazioni cominciano ad essere più chiare e si prestano a questo nostro approfondimento-proposta (vedi sopra).

Incominciamo col citare i settori che sono esclusi dal presente Regolamento:

  • distribuzione gas naturale
  • distribuzione energia elettrica 
  • trasporto ferroviario regionale 
  • farmacie comunali

In sostanza con questo Regolamento il grosso delle attività pubbliche locali viene fatto fuoriuscire dalla soggezione alla presente norma, tali previsioni erano del tutto assenti nella precedente formulazione.

All'articolo 2, misura in tema di liberalizzazione viene nuovamente sottolineato come l'affidamento diretto di un servizio (ndr: ad ente pubblico territoriale o sue controllate) sia un fatto eccezionale. Questo conferma l’impostazione di base dell’impianto normativo.

Il conferimento della gestione viene ordinariamente assegnata a:

  • imprenditori di società individuate con gare pubbliche 
  • società a partecipazione mista pubblico-privata con selezione del socio con " gara" pubblica (tale socio dovrà avere compiti operativi e una partecipazione non inferiore al 40%)

Per assegnare "direttamente" il servizio pubblico senza gara sarà necessario spiegare i motivi dell'impossibilità di percorrere le due strade precedentemente individuate. La presente norma cerca di dissuadere la presenza del cd. Partner finanziario non operativo, probabilmente perché il partner operativo è visto come lo strumento necessario per migliorare la gestione attuale del servizio pubblico.

All'articolo 4 si specificano i limiti dimensionali rilevanti e alcune norme specifiche per il settore idrico, per quel che ci interessa:

  • servizio a " gara" superiore ai € 200.000 annui
  • 80% degli utili reinvestiti nel servizio

Dunque la soglia delle gare è prevista anche in presenza di importi assai modesti, questo per confermare la volontà di ricomprendere quasi tutti gli operatori del settore. Per chiudere questa nostra breve trattazione del problema alcuni aspetti secondari ma rilevanti:

Vi sono dei limiti per la società in "house" (quelle gestite dai “comuni” direttamente) per le assunzioni, per l’acquisto dei beni e altre previsioni vincolanti di pubblicità dell’operato che mirano a non rendere conveniente questa forma di esercizio dell’attività dei servizi pubblici locali

Articolo 8, distinzione tra le funzioni di regolazione e funzione di gestione

  • In quest'articolo si cerca di erigere una barriera insormontabile tra chi ha funzione di responsabilità nell'ente territoriale locale e chi dovrà gestire la "ex municipalizzata". il controllo si estenderà fino a coniuge, parenti e affini fino al 4° grado.

Spostando ora la nostra attenzione sugli aspetti economici emerge un quadro interessante, a nostro giudizio frutto di ardito progetto ma difficilmente accettabile dagli operatori privati. Integrando quanto previsto all'articolo 3 punto 4 comma c) in ordine alla modalità di liquidazione del socio privato alla cessazione della gestione emerge la ratio del provvedimento, sebbene non esplicitamente enunciata. Il rendimento dovrà essere capitalizzato e il privato vedrà la parte preponderante della propria remunerazione " all'uscita" dall'affidamento e non nel durante. Si sposterebbe il cash flow al termine del periodo. Così facendo si dovrebbe innestare una logica di selezione operatori " robusti finanziariamente" e non massimamente efficienti, forse creando un vulnus nella coerenza della ratio della nuova norma.

Nello specifico tale remunerazione dovrà trovare origine nella previsione che il valore che il gestore precedente dovrà percepire alla fine del servizio di gestione (in sostanza quando scadrà la sua concessione vinta nel bando di gara precedente) sarà pari al “valore contabile originario non ancora ammortizzato”. Non avendo però fissato nelle disposizioni normative l'ammontare dell'ammortamento annuo è facile prevedere l'utilizzo scriteriato di percentuali d'ammortamento da prefisso telefonico, del tutto scollegate dalla funzione e informazione economica garantita dal codice civile, con tutte le problematiche del caso.

Il risultato più probabile dell’insieme di queste previsioni sarà quindi una sostanziale indifferenza all’efficienza nella conduzione ordinaria dell’attività operativa. Tanto gli utili dovranno essere in massima parte reinvestiti, ma una grandissima attenzione alla massimizzazione della differenza tra quanto investito e quanto ammortizzato, vera fonte di profitto per l’operatore con in più un simpatico effetto secondario per quest’ultimo. L’ammontare contabile dei beni al netto dell’ammortamento tenuto artificiosamente alto rappresenterà anche una efficace barriera all’ingresso per l’eventuale tentativo di un nuovo entrante interessato al bando successivo. In sostanza il rischio serio è che in mancanza di previsioni specifiche rispetto ai punti sopra evidenziati, in un brevissimo ciclo di bandi nessuno riuscirebbe a subentrare al “dominus” precedente.

Come si suol dire il diavolo fa le pentole ma non i coperchi…

Marco Arcari 31 Marzo 2011

Mercoledì, 19 Ottobre 2011 17:14

Business hour

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Business hour under 35 per la tua impresa

ClockCamera di Commercio di Milano inaugura il primo appuntamento di un ciclo dedicato al network di impresa. 40 under 35 portatori di altrettanti progetti di start up, selezionati tra oltre un centinaio, si sono incontrati nella sede di Palazzo Giureconsulti sotto l’ombra delle guglie del Duomo. Incontri di 3 minuti ciascuno nello stile one to one che permettono di fare business e fare network scoprendo punti di contatto e possibili collaborazioni tra startupper, mettendosi anche alla prova. Condensare in tempi stretti la propria idea, condividerla per scoprire anche ulteriori potenzialità e criticità all’insegna del confronto: un primo passo per capire ulteriori sviluppi, punti di forza, punti di debolezza. E anche un primo step per abituarsi all’appuntamento dell’elevator pitch incontrando potenziali investitori. Il nuovo modo di reagire alla crisi guardando avanti e facendo rete, come sottolineato da Umberto Bellini, Presidente di Formaper, rappresenta un’importante risorsa. Ne sono prova i numerosi progetti pervenuti, segno che l’animo imprenditoriale non si sopisce né si ferma davanti agli ostacoli, anzi, ne rimuove uno importante: la paura di condividere le idee.

TB FinanzaStraordinaria 18/10/2011

Martedì, 16 Ottobre 2012 11:35

Il contratto di disponibilità delle municipalizzate

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Il contratto di disponibilità: soluzione per gli enti pubblici locali al fine di fuoriuscire dalla tenaglia del patto di stabilità e dalla vendita forzata delle società a partecipazione pubblica (“municipalizzate”)

risultatoGli Enti pubblici stanno affrontando in questi mesi tutte le complesse conseguenze previste dalla riforma normativa sulle società partecipate municipali.

Per i piccoli comuni non si vedono altre prospettive che cedere le proprie "municipalizzate". Ma a chi? Primo quesito. E a quali condizioni? Secondo quesito.

La normativa in realtà fa esplicito riferimento alla possibilità di far partecipare un operatore industriale del settore con almeno il 40% di partecipazione con la gestione operativa completamente appannaggio del privato. In tal caso, osserviamo maliziosamente, dove sarebbe il vantaggio nel mantenere la restante quota? Abbiamo già osservato in diversi articoli quanto sia irta di ostacoli la via delle privatizzazioni municipalizzate. Senza soffermarci sugli insuccessi passati vogliamo con quest’articolo cercare un "cortocircuito" nell’ipertrofica legislazione vigente e cercare di fornire una possibile soluzione, perlomeno per i piccoli comuni, i quali dovrebbero ormai avere i mesi contati come proprietari di società partecipate.

La preoccupazione maggiore in questi casi è rappresentata dall'impossibilità di esercitare funzioni di "indirizzo" per quel che riguarda il soddisfacimento dei bisogni della propria comunità. La seconda lamentela riguarda l'impossibilità di valorizzare adeguatamente la propria controllata nel momento della cessione obbligatoria del 40% ma soprattutto del controllo operativo della stessa.

La nostra proposta

Con la legge 24 marzo 2012 n. 27 è stato inserito un nuovo contratto pubblico: "il contratto di disponibilità".

Tale contratto permette di trasferire completamente al privato l'onere della costruzione e manutenzione dell'investimento necessario ai fini dell'erogazione del servizio pubblico, lasciando all'ente locale l'indirizzo da estrinsecarsi attraverso bando pubblico. Tralasciamo in questa breveeurope_holiday_418 trattazione il riscatto possibile alla fine del periodo contrattuale e concentriamo l'attenzione su un caso concreto, particolarmente esemplificativo. Supponiamo che in un piccolo comune l'illuminazione pubblica sia di competenza di una piccola “municipalizzata”, la quale ormai da anni non riesce più a produrre risultati economici positivi necessari ai fini dell'investimento. Supponiamo che un'illuminata (per coerenza narrativa, ndur) amministrazione comunale possa avere intuito che modificare tutte le “lampadine” dei lampioni pubblici con altre ad elevata efficienza energetica possa far bene all'ambiente e alle casse comunali. La municipalizzata non ha la possibilità di tale investimento (le “lampadine alta efficienza energetica”, in realtà sistemi di illuminazione elettronici, costano circa 6-7 volte le “lampadine” normali).

La normativa sulle partecipate spinge per l'alienazione della municipalizzata. In questo caso, con un bando che concede a società privata, tramite contratto di disponibilità, la gestione dell'illuminazione pubblica, secondo i principi stabiliti dall'ente pubblico che quindi non perderebbe completamente il proprio potere di indirizzo, potrebbe trasformare la “municipalizzata” previamente asset privo di compratore, in uno strumento necessario al subentrante nel servizio con specifica valorizzazione. L'acquisizione del privato, chiaramente finalizzata alla disponibilità di strumento necessario per fornire il servizio di cui al bando sopra evidenziato, permetterebbe al comune di fare "cassa" e non svendere e al privato di poter entrare in un business dai margini stabili sebbene non elevati, con una classica soluzione che gli strateghi del marketing definiscono con win-win.

Tra gli ostacoli da non sottovalutare, la cronica incapacità degli enti pubblici di far fronte ai propri impegni di pagamento che se non rispettati trasformerebbero il contratto di disponibilità in una fonte certa di contenzioso e fallimenti a catena di fornitori non pagati. Ma se il comune vuole valorizzare proficuamente la propria partecipata, anziché svenderla, potrebbe vincolare parte dell'incasso in una fideiussione che dia garanzie al privato di non dover rimpiangere la fiducia data all'ente locale.

Infine la “ciliegina sulla torta” per l’amministratore pubblico, la previsione dell’investimento necessario sarebbe completamente al di fuori del cosiddetto “patto di stabilità”, rientrando nel bilancio solo la previsione di spesa (canone) “spalmata” su più anni.

010912 Marco Arcari Docente Universitario www.uniese.it

Ps: Come sempre, per rimanere coerenti con il nostro stile pro-positivo, in ogni articolo con un’analisi che evidenzi un problema, una proposta per tentare di darne una soluzione.

Lunedì, 07 Gennaio 2013 12:05

Piccolo imprenditore indebitato: fine pena: "mai"

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Piccolo imprenditore indebitato. Fine pena: "mai"

Ora la legge per il sovra indebitamento propone una soluzione.

Il titolo volutamente provocatorio di questo articolo riflette un richiamo al procedimento penale quando esso si conclude con la pena dell'ergastolo, dopo la traduzione in istituto penitenziario ove il gergo prevede tale dizione: fine pena mai, ossia la mancanza di una data precisa per la fine della pena da scontare.

Mutatis mutandis lo stesso si verificava fino a pochi mesi fa per i piccoli imprenditori (o liberi professionisti). In caso avessero fatto scelte scorrette di gestione e avessero accumulato una posizione debitoria consistente, senza avere i requisiti per fallire, tale debito sarebbe stato l'equivalente patrimoniale dell'ergastolo da delitti. Infatti, il piccolo imprenditore deve rispondere delle proprie obbligazioni (i debiti NDR) con tutti propri beni, anche futuri. Spesso il fenomeno si evidenzia con il ben conosciuto pignoramento del quinto dello stipendio, ma riguarda un gran numero di potenziali " ergastolani del debito".

Tutta la vita da debitore, una prospettiva abbastanza agghiacciante.

Ma ecco l'improvviso colpo di coda con il decreto-legge 212 del 2011.in tale norma (e vi anticipiamo subito che non stato tale documento convertito in legge per la parte di cui stiamo scrivendo) apparsa la prima soluzione sul tema.

Una procedura per salvarsi dall'eccesso di debiti, riservata in tal decreto sia a piccoli imprenditori sia alle persone fisiche non imprenditori. Liberarsi dalle sbarre invisibili della prigione debitoria era diventata una possibilit. Peccato che tali sbarre, pur trasparenti siano assai pi resistenti di quelle di metallo che nella metafora del titolo vengono richiamate.

Giungiamo subito all'epilogo: troppi interessi coinvolti e troppi contro interessi vi si oppongono e infatti tale proposta finisce per non esser convertita, dunque un treno che finisce su un binario morto.

Ma il seme gettato con tale norma riesce a rigerminare in una nuova disposizione di legge la 37 del gennaio 2012. Contrariamente all'araba fenice, che rinasce dalle proprie ceneri altrettanto vigorosa, in questo caso la legge rinasce "zoppa", privata di tutta la parte che riguarda le persone fisiche non piccoli imprenditori.

Molto probabilmente la lobby delle banche e delle finanziarie personali ha avuto il suo peso ma visto che il nostro stile di scrittura, come sapranno gli affezionati lettori, pro-positivo concentrandoci sul " bicchiere mezzo pieno".

Ora vi una disciplina per il sovraindebitamento dei piccoli imprenditori come peraltro già esistente in molti paesi esteri.

Negozianti, professionisti, fornai (piccoli per, perchè certi fornai di Milano sicuramente possiedono i requisiti per fallire con fatturati milionari :-) ora potranno liberarsi del fardello debitorio accumulato. Senza voler entrare nella trattazione tecnica della materia si evidenziano per i tre limiti previsti dalla legge fallimentare per non essere fallibili e quindi rientranti nella normativa in analisi.Pericolo

I requisiti si intendono posseduti congiuntamente:

  • Nei tre anni precedenti un attivo patrimoniale non superiore a 500.000 Euro
  • Ricavi non superiori nei tre anni precedenti a 200.000 Euro
  • Aver un ammontare debiti, anche non scaduti, non superiore a 500.000 Euro

 Se non si superano le soglie sopra evidenziate, sar possibile accedere alla nuova procedura. Solo per fornire una visione sintetica d'insieme della nuova norma, la quale riprende in molte parti concetti della legge fallimentare e nello specifico del concordato preventivo (art. 160 e seguenti l.f.) e ristrutturazione dei debiti (art. 182 bis l.f.), si segnala la presenza di sanzioni penali in caso si tentasse di approfittare delle norme. 

Sarà necessario convincere i debitori ad accettare la proposta di ristrutturazione del debito, anche stralciando parte dello stesso, offrendo comunque qualcosa in pi rispetto ai beni posseduti personalmente e quindi nella disponibilit della procedura. A tal riguardo, essendo l'attivit professionale dello scrivente nel settore della crisi l'impresa, pare utile consigliare l'idea, spesso utilizzata nel concordato per convincere i creditori riottosi, di presentare come gentile "cadeau" /offerta di pace un bene appartenente a familiari o coniuge estraneo alla procedura.

 Spesso funziona come elemento catalizzatore del consenso dei creditori molto meglio di relazioni lunghe e puntigliose. Se perverranno richieste in tal senso, analizzeremo tecnicamente in dettaglio la procedura di indebitamento in un prossimo articolo, avvertendo che giocoforza non sar possibile mantenere l'approccio divulgativo come in questo scritto.

MA Febbraio 2012

Domenica, 19 Settembre 2010 12:53

Andamento mercato M&A

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Prendendo spunto dal Rapporto Mergers & Acquisitions, analizzeremo le operazioni di fusione ed acquisizione con esclusivo riferimento a quelle che hanno coinvolto aziende italiane e che si sono finalizzate nell’arco del 2008, e per le quali sono disponibili informazioni di pubblico dominio.

Le statistiche a livello mondiale ed europeo del mercato M&A sono state realizzate utilizzando la base dati di Thomson Financial. E’ importante rilevare che le “notizie economiche” e il “pubblico dominio” cui fa cenno come premessa metodologica la ricerca KPMG pone la stessa esclusivamente in un’ottica di Proxy per difetto del reale valore di mercato. In effetti il mercato che realmente si sviluppa nell’M&A ma che non passa per i media in Italia è stimabile come largamente maggiore rispetto a quanto illustrato dalla ricerca. Non esiste una ricerca ufficiale del mercato delle transazioni in Italia (solo il registro imprese avrebbe la base dati necessaria) ma puramente a titolo qualitativo e indicativo riportiamo l’elenco player italiani del mercato in Italia.

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Fonte: Thompson Financial

Incrociando questi dati con quelli emersi dalla ricerca KPMG appare in tutta evidenza come siano totalmente assenti la quasi totalità delle società di M&A advisory italiane che verosimilmente non usano uffici PR per le proprie comunicazioni al mercato ma continuano a macinare utili ed operazioni da anni. Per meglio capire quanto affermato si prenda la posizione KPMG nella classifica Thomson, KPMG è sostanzialmente l’ultimo player “italiano” del settore M&A per valore transazioni.

La visibilità sulle operazioni è tutta verso l’alto del mercato mentre nel Mid Market (il target di riferimento di www.finanzastraordinaria.it) con decine e decine di operatori attivi non si ha traccia. Non essendoci analisi di mercato “ufficiali” ci limitiamo a questa mera evidenza prospettata, ma anche partendo dalla base dati di www.finanzastraordinaria.it, primo sito per i professionisti della finanza straordinaria in Italia, riteniamo che il mercato reale sia di sicuro un multiplo di quanto prospettato dalla ricerca KPMG.

Concludendo diamo un dato del sito sopra citato. Quasi mille professionisti hanno dichiarato di possedere un’attività professionale nel campo della finanza straordinaria che dalle previsioni di mercato rappresentano circa il 30% del relativo mercato in Italia (2500-3000) Gli Advisor invece presenti su www.finanzastraordinaria.it sono circa 75, dei 250 che abbiamo stimato essere l’intero panorama degli operatori aventi prevalente attività nella finanza straordinaria in Italia. Il tasso di sovrapposizione con la classifica sopra riportata è quindi inferiore al 2%, rendendo chiaro il fenomeno della presenza di una vasta area del mercato che non vi è odo di intercettare con le statistiche ufficiali.

Mercato M&A a livello globale: trend storici del Merger and Acquisition

Dopo quattro anni di crescita ininterrotta (2004-2007), culminati con l’eccezionale risultato conseguito nel 2007, nel 2008 la recessione mondiale innescata dalla crisi dei subprime ha determinato una battuta d’arresto del mercato globale M&A, sia in termini di volumi che di valore (28.506 operazioni completate per un controvalore complessivo di USD 2.663 mld).

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L’attività cross border, sebbene in contrazione rispetto al 2007 in termini assoluti (-20% in valore e -7% in volume), ha rappresentato a livello mondiale il 50% del controvalore delle operazioni concluse nel 2008, in crescita rispetto al dato del 2007 (45%). L’Europa, nonostante la diminuzione di circa il 29% nel controvalore, anche nel 2008 ha fatto registrare la più intensa attività M&A cross border (intesa come insieme sia delle acquisizioni o fusioni europee all’estero che degli investimenti esteri in imprese del vecchio continente) con quasi 5.300 operazioni completate per un controvalore complessivo di circa USD 800 mld. Mercato europeo M&A: trend storici del Merger and Acquisition L’attività M&A in Europa, comprendente sia le acquisizioni effettuate all’estero che gli investimenti esteri aventi per oggetto imprese europee, nel 2008 ha mostrato segnali di tenuta nonostante la crisi che ha coinvolto i mercati mondiali: nel complesso sono state completate 11.308 operazioni per USD 1.393 mld pari ad un controvalore medio per acquisizione di USD 123 milioni (-13% rispetto al dato del 2007).

Andamento_mercato_3_FILEminimizerCome si è già evidenziato nel paragrafo dedicato al mercato mondiale, l’attività cross border in Europa nel corso del 2008, nonostante un calo in valore del 29% rispetto al 2007, ma in crescita sui dati 2006 e 2005 (rispettivamente +7% e + 16%), si è attestata a USD 800 mld, a fronte di 5.300 operazioni completate, e ha rappresentato il 56% dell’attività M&A complessiva (era il 67% nel 2007); le operazioni domestiche (“Europa su Europa”) e si sono mantenute numericamente in linea con quelle realizzate negli anni precedenti e hanno pesato per il 53% sul totale dei deal conclusi nel 2008.

Mercato M&A in Italia: trend storici del Merger and Acquisition

Dopo aver archiviato un 2007 da record (Euro 148 mld), il mercato italiano delle fusioni e acquisizioni ha dovuto fare i conti con la difficile fase del ciclo economico del 2008 che ha determinato un importante calo in termini di controvalore delle operazioni. In questo scenario, che del resto è in linea con l’andamento internazionale e riflette il quadro d’incertezza legato alla crisi finanziaria, si registrano comunque alcuni dati positivi ed in controtendenza come ad esempio l’aumento del numero delle operazioni concluse nell’anno (495 vs 459 nel 2007) e la conferma/rafforzamento del fenomeno dell’internazionalizzazione che ha interessato le aziende italiane (123 vs 121 nel 2007).

Andamento_mercato_4_FILEminimizerIn particolare, a causa del complesso scenario macro-economico e della globalità della stretta creditizia, nel 2008 sono state chiuse operazioni per soli Euro 56 miliardi in diminuzione del 62% rispetto all’anno precedente, quando invece si era toccato il record di Euro 148 miliardi. Per vedere un controvalore così basso bisogna risalire agli anni 2002 e 2004. La crisi, che ha fatto sentire i suoi effetti soprattutto sulle grandi transazioni, ha riaffermato il paradigma che vuole che il nostro Paese sia contraddistinto da operazioni di middle market di dimensione più contenuta. Nel periodo considerato, infatti, sono state chiuse 495 operazioni con un sorprendente aumento del 8% rispetto alle 459 finalizzate nel 2007, per un controvalore medio per transazione di Euro 113 mln. Questo conferma come le fusioni e acquisizioni in Italia, anche in una fase difficile del ciclo come quella attuale, siano funzionali a processi di consolidamento industriale soprattutto nel mondo della piccola e media impresa dove il tema della crescita dimensionale rimane una priorità strategica.

Il cross border, poi, si sta confermando sempre di più come uno dei fattori distintivi del mercato M&A italiano, sia in entrata che in uscita. Sono state infatti 239 le operazioni Italia su estero ed estero su Italia, pari a circa il 48% del totale e al 57% in termini di controvalore

Andamento_mercato_5_FILEminimizerIn generale, sul numero di operazioni risulta interessante osservare che i dati rilevati negli ultimi anni esprimono un trend che vuole le aziende sempre più orientate a target al di fuori dei confini nazionali, per cui gli stranieri si rivelano interessati alle aziende italiane, mentre gli italiani a quelle oltre confine. In particolare:

• le acquisizioni Italia su Italia, in crescita costante fino al 2004 (71%), si sono ridotte fino al 52% del totale nel 2008, rappresentando la percentuale più bassa mai registrata dal 1999;

• le transazioni Italia su Estero, con un andamento altalenante fino al 2005, hanno registrato negli ultimi anni una crescita costante arrivando a pesare fino al 25% del totale delle operazioni 2008;

• le acquisizioni Estero su Italia, che fino al 2005 (19%) erano le più rilevanti nell’ambito del cross border, a partire dal 2006 hanno lasciato il primato alle operazioni Italia su Estero (25% nel 2008).

Mid Market M&A

Scendendo di dimensione delle operazioni (per la ricerca Thomson l’operazione è da considerarsi media sino a 500 milioni di $) nel seguito alleghiamo i dati più recenti disponibili. Ancora una volta appare evidente come il panorama analizzato sia solo una esigua minoranza delle operazioni realmente realizzate, solo 77 operazioni. Il numero maggiore di operazioni di Merger and Acquisition, fatto da advisor italiani, praticamente non è recensito. Non ha evidenza stampa. Valgono quindi ancora tutte le considerazioni sopra effettuate.

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Fonte:Thomson Reuters

Il ruolo dei Private Equity nel mercato M&A

I fondi di Private Equity, nonostante il “credit crunch”, si confermano attivi sul mercato italiano con circa il 20% del totale dei volumi. L’attenzione di questi investitori si è concentrata su imprese di dimensioni medio-piccole, per un controvalore complessivo di circa Euro 6,2 miliardi. In questo comparto l’operazione più rilevante è stata l’acquisizione di N&W Global Vending da parte dei fondi Investcorp e Barclays per circa Euro 600 milioni. La relativa “giovinezza” del mercato e il suo orientamento alle piccole medie imprese, elementi distintivi dell’industria del Private Equity in Italia, hanno permesso di arginare gli effetti della crisi nel nostro Paese, che anche nel 2008 è stato in grado si attrarre l’attenzione sia di fondi domestici che di caratura internazionale.

15/03/2010 MA finanzastraordinaria.it 2010

Domenica, 19 Settembre 2010 13:06

Brics export

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Export orientation is one of the most important strategy in the economical politic system of a country. From exportations depend the increasing of GPL and the economic growth. Also we have to consider a second important point on this paper: export orientation could improve the growth of a country only if the Government has implemented many reforms in different ways: economy, laws, fiscal, politic and social system. Why we can affirm that a politic centered in exports could increase the country's growth? There are many answer to this question and we have observed many of them also during our studing about the Brics.

Many countries, like China, do not have a sufficient domestic consumption. So they can find in exportations a way of success. China is a country with high population density but is not able to absorb and consume its whole production. So the Government has focused on exports, as we can understand in the text and figure below [for references see referrals after the figure 9]

“The low age dependency ratio and a large rural population in China imply a small domestic market. Accordingly, the excess-supplied manufacturing goods have to sell abroad. This process was accelerated after China joined in the WTO and fully integrated itself in the world economy. This is clear in Figure 9 that presents China’s export and import data for the period 1950-2007.”

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[Source: Labor, Demography, and the Export-Oriented Growth Model in China Yang Yao1, Miaojie Yu2 - National School of Development (NSD) & China Center for Economic Research (CCER) Peking University, China, July 31, 2009 page 13]

Instead, Brazil has a population of 160 million people and is able to concentrate more and distribute their production has therefore more likely to develop an engine for domestic consumption. An export policy allows a country to go outside its boundaries and to focus on products that boast a level of competitiveness and efficiency as to gain market share.

In this way a state can obtain a price leadership or product in a market. Following the economic theory of comparative advantage, it can be argued that state A specializing in the production of cars and a state B specializing in rice cultivation, can earn from a focused export policy considerable economic success. State A can enhance the excellence as a leader in the production of tecnology without investing in self-cultivation of rice that it can acquire from B. 

These comments show another strong point to support the view that exports are a source of growth for a country: an intelligent policy can ensure the development of best practice production, expansion of the production potential is also high standards of living for the population (higher is the gross domestic product, the greater the guarantee of welfare, employment and wages.

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[Source: International economics. Andreas Freytag and Sebastian Voll, “Combat Protectionism – the only chance for emerging economies to become a major player”, page 99]

The increase in current assets and gross domestic product determined by exports has two consequences: an increased entry of foreign capital both for the purchase of exported goods and for investment in the territory and the opportunity for local companies to expand with new offices abroad. See the example of China focused on export: the Chinese acquires foreign firms already technologically structured because it does not have the technology in-house (just to cite one case, remember the acquisition of Volvo and Hammer in automotive industry). 

Another factor is the encouragement of local businesses which, thanks to funds earned from exports can grow and develop. In this way it is possible to create new start up in the country and to test new business ideas. The growth through foreign trade, however, may not be in a "spontaneous" way only but must be considered the result of internal and external factors that affect the territory.

The internal means are all measures taken by the government so that economic growth will find fertile ground on which to take root. The path of laws, reforms (tax, legal, economic, social and political) that have characterized all the BRICS countries, to prepare the country to the introduction of the free market were crucial.  

But encouraging the development of foreign trade have also contributed external factors such as the conventions. Brazil and Argentina have created Mercosur to promote exports with the neighboring regions (Paraguay and Uruguay). Another important system is represented by the WTO which sets rules to boost exports. As we saw in the case of China, access to the WTO, preceded by many internal reforms, has allowed exports to grow due to the specific policy on trading, currency, etc.  

The agreements between states are both a cause both an effect of an export policy. This is an effect because the states have a strong incentive to initiate arrangements for international trade and to ensure the rules but also the benefits to member countries. The agreements are necessarily a cause because the states that apply a policy-oriented exports should have reached a minimum stage of development for adhering to international conventions. The presence on the territory of a path of economic growth, regulatory, legislative, fiscal and social is the essential step to set an economic policy geared to export products, both to determine substantial growth. Therefore if the Government has created a path of radical reforms, has already built a solid foundation for anchoring economic policy options beneficial.

TB finanzastraordinaria.it 3 Marzo 2010

Domenica, 19 Settembre 2010 13:17

Brics: il futuro

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The global crisis has subverted all the financial weights and deeply upset the economy. But the prediction that the Brics would surpass the GDP of the richest nations in 2040 is still valid. Brics countries' growth was not arrested by the events of the crisis and what followed. The growing importance of emerging economies has had a number of statements not only from a economic point of view, but also political, especially in recent months. During the G20 of Pittsburg in September 24th 2009 had been granted greater voting power of Brics in the IMF, an increase of 5%, but during the annual meetings in Istanbul in October 4th 2009 the Brazilian minister of economy Mantega said: "Five percent is the minimum. We decided to continue fighting for 7 percent" and he also said: "We still think we are under represented."  [Source: Reuters, Istanbul, October 4, 2009, Axel Bugge].

This stance supports our thesis because it means firstly, the growing awareness of Brics about their financial value in the world, secondly full confidence in their ability to respond to the crisis. Except for Russia, which has proved to be more heavily affected by the crisis (perhaps because of its more mature economy), the other Brics countries are confirming an economic progress. This confidence is further enhanced by the position of other advanced countries, ready to jump on the "brics train" to find a way out of the crisis.

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[Source: World economic outlook update, January 2010, pagina 2]

The country that excels over others is Brazil. As shown in an article published by the Interprofessional Network site Italcam (Chamber of Commerce, Industry and Agriculture Italian-Brazilian ) on 24/02/2010 although Brazil was one of the last countries hit by the crisis, was also faster in getting out through a series of remedies adopted quickly to address the delicate international situation. The Organization for Economic Cooperation and Development affirms that the forecasts of growth of the Brazilian economy for 2010 will be an encouraging +3.5%. The reason for this growth can be identified in the government's ability to launch a series of timely action at the first signs of crisis by cutting taxes and increasing government spending. Added to this is the fact that Brazil has diversified its production (think the reforms that have enabled it to move from an agricultural economy based on coffee production to a more mature and diversified economy with industries, investment in telecommunications, large exports raw materials etc) and become a beacon for foreign investment.

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[Source: World Economic and Financial Surveys, Economic Outlook October 2009 Sustaining the Recovery p. 85]

China after a downturn, has begun to grow again, +9% in 2009 which should further increase by one point in 2010. The reasons for this success lie in the recovery of the electronics industry, which suffered a setback in the early moments of crisis, e also in the strength of domestic consumption that has been able to compensate for the sharp drop in external demand and hence exports . Using internal capital China can self support part of the growth, and like in Brazil, adopting tax policies permitted to avoid harshest consequences.

In India, the situation seems positive with an indication of growth in 2010 amounted to more than 7%. Although the country remains characterized by an extreme gap between rich and poor, the economy following the reforms of previous decades has been able to cope with the global crisis. The reasons are to be found mainly in the fact that one of the anchors of the production is the services sector, the least affected by the fluctuation of the market, indeed one of the areas to bet on in times of economic difficulty due to its nature: services are always useful, necessary and important.

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[Source: World Economic and Financial Surveys, Economic Outlook October 2009 Sustaining the Recovery p. 74]

The same route cannot be used by Russia. Between the Brics Russia is the country that has suffered most of the crisis in 2009, registering a negative peak of -7.5%. This situation is intended to heal as planned during 2010. The reasons for this behaviour lie in the inadequacy of internal reforms, lack of social mobility and an inadequate social safety net, in failure of justice and the persistence of oligarchic power in the system that do not help to maintain a steady confidence in the system.

These issues are also considered together with other factors (devaluation of Ruble, inflation). In 2010, Russia has inherited a severe contraction of foreign investment but also domestic consumption (which instead has been the engine of China and Brazil). Russia actually for not going back, can only base its strategy on it’s strategic production. One can not speak of an irreversible crisis, but certainly an instability of the country that will lead to a forced change of direction by the government.

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[Source: World Economic and Financial Surveys, Economic Outlook October 2009 Sustaining the Recovery p. 81]

Even in the face of this crisis we can find countries "outsider" who does not belong to the acronym coined by O'Neill "Brics": other emerging countries will be the next driving forces of investments and global economy. Someone has called them "Stim" (Sudafica, Turkey, Indonesia and Mexico), [Source: Micaela Cappellini, Sole 24 Ore], other [Euromonitor International "New Frontiers: strategy briefing on the next emerging economies"] has indicated also: Argentina, Poland.

Whatever the composition of the new emerging economies, the challenge is now open and poses serious questions for the old continent: what role Europe can play in front of this great game?

 TB finanzastraordinaria.it 17/03/2010

 

Domenica, 19 Settembre 2010 13:37

Information overloaded

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Siamo sommersi dalle informazioni, da mancare il fiato L'eccessiva ridondanza delle comunicazioni, l'eccessiva presenza di nuclei informativi, la mancata organizzazione dei mezzi trasmissivi: tutto contribuisce a creare un sistema non economico che rischia di apportare gravi danni ai sistemi di lavoro esistenti. Secondo le ricerche più recenti effettuate da un società americana, Basex. L’ Information Overload (ovvero l’eccesso di informazioni) costerà all'economia degli Stati Uniti un minimo di 900 miliardi dollari all'anno in termini di diminuzione della produttività dei dipendenti e riduzione del tasso di innovazione. Nonostante la cifra possa sembrare sovrastimata, riflette la perdita del 25% dei giorni lavoro del solo settore degli impiegati di concetto per far fronte a questo problema.

Questo sovraccarico di informazioni comporta la perdita della capacità di prendere decisioni, elaborare le informazioni, e assegnare priorità alle attività che devono essere svolte.

Si pensi che alcuni lavoratori passano fino al 50 per cento del loro tempo tra email e altre fonti informative, prevalentemente online. Ma quando trovano il tempo di lavorare? E’ quindi indispensabile la razionalizzazione di questi processi, per poter avere un impatto significativo sulla produttività. Ma come?. Le imprese dovranno trovare un a via d’uscita da questo processo che si aggrava di anno in anno (e con il boom dei social network registrato nel 2008 altre fonti informative hanno preso la loro posizione sul palcoscenico mondiale). Dovranno iniziare un piano di salvataggio dal sovraccarico di informazioni, prendendo contromisure attive, al fine di rimanere competitive Alcune aziende lo stanno già facendo.

Ad esempio Intel, la più famosa società produttrice di chip, cuore di ogni computer, con più di 80.000 dipendenti, vede il sovraccarico di informazioni come un problema grave. "In Intel abbiamo stimato l'impatto di un eccesso di informazioni su ogni lavoratore della conoscenza fino a otto ore alla settimana", ha riportato Nathan Zeldes, ingegnere capo. E se una società come Intel, quasi monopolista nel suo settore incomincia a studiare le contromisure al problema per il proprio business, forse è il caso che incomincino a pensarci anche le società italiane del settore della conoscenza, per non finire ulteriormente emarginate nel contesto competitivo globale. In particolare però è l’email la maggiore imputata della perdita di produttività dovuta al sovraccarico informativo. Il diluvio di email è in gran parte dovuto alle società che utilizzano la mail per cose sbagliate – trasmissione di file, collaborazione, gestione delle attività, discussioni e costruzione del consenso, etc

Utilizzando una mail per ogni tipo di esigenza comporta che per ogni singolo messaggio vi saranno un diluvio di risposte, con le stesse informazioni che vengono replicate più volte. A Roma direbbero: Rispondi a tutti e…passa la paura!. La nostra proposta consiste nell’adozione sempre più generalizzata di strumenti di collaborazione online, che utilizzino una logica "pull" e non “push”. In altre parole le persone accederanno alle informazioni solo quando ne avranno bisogno, al contrario delle email che ci perseguitano anche dopo che la nostra parte del progetto è stata completata. In un prossimo articolo, redatto da un nostro esperto di software, affronteremo il tema tentando di fornire indicazioni e suggerimenti utili a chi voglia cercare una soluzione al problema trattato.

15/01/2010 Ma finanzastraordinaria.it 2010

Domenica, 19 Settembre 2010 14:05

Scudo fiscale

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Scudo fiscale e il progresso (dell’aliquota) La riapertura dello scudo fiscale, decisa il 17 dicembre dal Consiglio dei ministri, prevede «due scadenze e due aliquote». Lo ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Dall'entrata in vigore del decreto Milleproroghe in cui è contenuta la riapertura del provvedimento, fino a fine febbraio si pagherà il 6%, dall'inizio di marzo fino alla fine di aprile il 7%. Cosa ci piace Il fatto che finalmente venga data evidenza al “time value” del denaro.

Anni e anni a spiegare ai nostri studenti che un euro oggi è molto diverso dallo stesso euro tra 10 anni (con il giochino fatto agli studenti più temerari della richiesta di un prestito oggi di 100 euro da restituire tra 10 anni se in disaccordo con il loro docente). Sin’ora accadeva generalmente l’opposto, tu contribuente non paghi ora quando dovuto e io ti creo condizioni agevolate dopo per riuscire a prendere quei soldi che tu spontaneamente non hai versato ma di cui io Stato ho bisogno. Ora con la seconda fase dello scudo la logica è coerente, : saliamo di aliquota allontanandoci dalla prima scadenza prevista.

Certo il giochino potrebbe prolungarsi oltre il lecito (contribuente pagami entro il 2011 e io ti chiedo il 40%?), ma avrebbe le gambe corte e contribuirebbe ad alimentare il clima di sfiducia del cittadino medio e darebbe al nostro stato una allure forse un po’ accattona. Cosa non ci piace La mancanza di regole più stringenti per quel che riguarda il rimpiego dei capitali nell’economia nazionale. Ad oggi non vi è nessun vincolo per l’utilizzo dei capitali scudati che potrebbero benissimo prendere altre strade assai più redditizie rispetto all’impiego in attività produttive (si veda il nostro articolo sul tema pubblicato in prefazione allo studio sul Private Banking, 2008). La premialità può anche essere accettata, pur in presenza di un elemento originale di illegalità (l’evasione fiscale, nella migliore delle ipotesi) ma solo se prodromica di effetti positivi per la collettività, attraverso un vincolo che vorremmo vedere nelle prossime edizioni della manovra.

La nostra proposta? Un fondo dedicato a rilevare gli asset immobiliari che lo stato non riesce a cedere ma che sono nella lista delle dismissioni ormai da anni (Scip2 e similari).

Come dite? Che hanno detto che questa è l’ultima volta? Avevano detto anche che non avrebbero fatto più condoni ad inizio legislatura. Provate a parlare con qualche “gnomo svizzero” , vi racconterà senz’altro del parziale ritorno al bello, in maniera sempre più consistente. Realpolitik, è la politica bellezza!

10/01/2010 MA finanzastraordinaria.it

Domenica, 19 Settembre 2010 14:07

Venture Capital

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Il Venture Capital in Italia, quali le prospettive? A seguito di una sollecitazione di un nostro utente permettetemi di intervenire sul tema. Ho gestito in passato uno dei pochi fondi bancari dedicati anche al venture, ma ormai opero nel settore quasi solo attraverso l'attività di mecenatismo d'impresa di cui sono uno dei promotori in Italia. Come la stessa parola mecenatismo esprime oggi in Italia non c'è semplicemente spazio per gestire attività di investimento in giovani start up in modo redditizio e professionale, ma solo a titolo di "attività diverse" -come direbbe un contabile- o "residuali" - come sostengo io-. Vi sottopongo un elemento di riflessione. Le ultime start up che abbiamo patrocinato sono state sostenute tutte da fonti finanziarie "non professionali", tranne la penultima che è stata incorporata in America (grazie al seed money di un business angel che ha pagato i costi per la trasferta in silicon valley più il legale. Mettete a preventivo circa 20.000 euro di costi vivi se volete ripercorrerne i passi). Ma il venture capitalist era americano. "No matter what" direbbero gli anglosassoni, semplicemente il settore richiede economie di scala che oggi non vi sono, per cui la soluzione può essere cercata con l'aiuto di fondi pubblici o semi pubblici (si vedano le soluzioni francesi e austriache).

Sul punto la letteratura è assai ampia (in Lombardia Finlombarda ha scritto molto al riguardo, per chi è interessato ad approfondire). Ma non voglio farvi la solita "discussione accademica", siamo su un sito web di professionisti, qui si cercano soluzioni.

Per cui consigli:

a) finanziate la start up con fondi "non professionali", a costo di ridurre il piano di lancio al semplice prototipo venduto ai primi tre clienti

b) appena sarete arrivati a quel punto cercate l'aiuto finanziario di Business angel per somme di importo modesto, cercate di inserire clausole di riscatto preconcordato delle quote.

c) sin da subito muovetevi per ottenere le agevolazioni finanziare previste dalle regioni per le imprese di nuova costituzione. Non credete a chi vi dirà che sono tutte già assegnate, ve lo dico per esperienza personale. Se l'idea c'è i soldi (in parte) arrivano. Esperienza diretta, non sentito dire.

d) se tutto sarà andato bene e, anche grazie all'aiuto dei primi finanziatori, sarete in grado di generare risultati minimamente visibili, rivolgetevi pure a questo punto ai potenziali finanziatori professionali. Non abbiate preferenze, provateli tutti. Addirittura qualche volta le banche sono più generose dei fondi, specialmente se avete già fatto un piccolo round di finanziamento (es. come al punto b). Il tasso di successo non sarà comunque elevato, ma in ogni caso avrete contribuito ad attenuare la percezione di rischio dei vostri interlocutori. e avrete aumentato le vostre possibilità di farcela. Questo è solo un breve elenco di suggerimenti, ma vi voglio lasciare con una simpatica informazione per farvi capire quanto siamo lontani dalla realtà americana.

Negli Usa un fondo medio di venture capital mette tre meno [( - - -) simbolo di massima negatività] se la start up che cerca finanziamenti non presenti obiettivi di business plan superiori ai 50 milioni di dollari di ricavi. Quanti tra gli aspiranti imprenditori italiani sono pronti ad una tale sfida?

17/02/2010 MA finanzastraordinaria.it

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