Mercoledì, 01 Settembre 2010 02:00

Intervista Andrea Siniscalco

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Andrea_Siniscalco_FILEminimizerIngeniere, è stato per molto tempo Amministratore Delegato di Greenvision Ambiente che ha tra l'altro quotato nel mercato Expandi nel 2004. La sua passione per l'ambiente e le sue problematiche ha sempre contraddistinto la sua attività professionale. Inoltre è Presidente di Artereale, progetto di mecenatismo nel cuore del quadrilatero della moda, volto alla promozione dell'arte e alla coniugazione tra musica e pittura.

Nell’intervista pubblicata nella nostra sezione “speciali” Enrico Minoli dice: “Cito una frase di cui condivido il senso profondo: noi non stiamo vivendo nel mondo che ci hanno lasciato i nostri genitori ma stiamo vivendo nel mondo che i nostri figli ci hanno prestato.” Quale ruolo potrebbero giocare gli investitori per poter preservare il futuro dell’ambiente?

Faccio una premessa: quando ho letto l’articolo ho sorriso e sono rimasto sorpreso perché le parole usate da Minoli sono lo slogan del lancio di una operazione che feci alla fine degli anni ’90 e che portarono poi a quotare Greenvision. Lo slogan diceva: “Lasciamo ai nostri figli un mondo migliore di quello che abbiamo ereditato dai nostri genitori” ed il senso era esattamente la consapevolezza che in quegli anni stava scattando un meccanismo assolutamente nuovo e mai preso in considerazione prima, ossia il concetto della sostenibilità dello sviluppo inteso come opportunità imprenditoriale e come motore d’impresa. Credo che questa sia stata una svolta epocale e che gli imprenditori abbiano ben percepito che stava cambiando qualcosa di profondo: ci si è resi conto che per ogni iniziativa umana, sociale, imprenditoriale, le risorse che il nostro pianeta mette a disposizione non sono infinite e, di conseguenza, che tutto il progetto, di qualunque natura, debba basarsi sul presupposto che il bilancio ambientale sia positivo. Non mi riferisco al termine tecnico di bilancio ambientale ma ad un concetto ambientale in senso lato: il bilancio delle risorse disponibili prima e dopo l’implementazione di un nuovo progetto deve essere positivo. Come? Non è facile, e quasi sempre appare antieconomico, se visto con gli occhi delle vecchie regole di mercato. Ma sono queste che stanno cambiando, e chi percepisce l’entità di questo cambiamento vede lontano.

Qual è la grande difficoltà, il freno, l’inerzia che ha impedito al mondo degli imprenditori prima, non tanto di rendersi conto, ma di usare questo principio?

Il fatto che fosse difficilmente monetizzabile. L’imprenditore parte da un concetto di creazione di valore. Oggi l’imprenditore accorto, se mi si perdona la presunzione, deve riuscire a trovare un legame tra l’obiettivo di creare profitto, e questo intendimento ambientale visto ancora solo come un dovere morale ed etico. Personalmente, con Greenvision ambiente, ho trovato questo collegamento: anche più di uno, ma credo che ce ne siano almeno altri cento da scoprire. Da qui la sfida agli altri imprenditori.

Nel 2004 Greenvision entra in Expandi. Quali sono stati i passi per accedere al segmento di Borsa Italiana? 

Ci vuole la giusta motivazione ed un’idea, valida ed esclusiva, da trasformare in un Progetto, con il suo business plan profittevole e ben documentato, tale da infondere interesse e sicurezza negli investitori. Il tutto da inserire in un adeguato contenitore, un azienda che deve avere i giusti requisiti. Premetto che inizialmente Greenvision ambiente, fondata con il nome di Italdreni, era una realtà artigianale in termini di dimensioni e di modus operandi, ma che però già cominciava a guardare lontano: l’obiettivo infatti non era di vendere ciò che produceva, come in genere avviene, bensì di fornire soluzioni cost-effective a problemi dell’ambiente, relativi in particolare ai temi del controllo delle acque nel terreno e del dissesto idrogeologico. I primi passi sono stati quelli di studiare le regole che governano l’ingresso nel mondo della finanza, ed in particolare quello della borsa, a partire dalla Governance dell’azienda e delle garanzie che deve dare agli investitori, dei requisiti di trasparenza, della buona comunicazione, degli strumenti di controllo di gestione ed altro: insomma, bisognava preparare il “Contenitore” di un Progetto accattivante. Già, perché questo era l’ingrediente fondamentale: un Progetto che fosse al contempo innovativo, attuale, altamente profittevole, audace ma credibile, in cui si potesse dimostrare di essere leader, ed un passo davanti ad eventuali inseguitori. E’ stato un lavoro estremamente interessante, entusiasmante e stressante che abbiamo dovuto realizzare in pochissimo tempo, iniziando con la costruzione dell’équipe dedicata al progetto: in pochi mesi il passaggio da una piccola/media azienda, con buone idee e tanta ambizione, ma di stampo post artigianale, ad una realtà industriale ben strutturata: un percorso che normalmente richiede molti anni. Volevamo infatti aggiungere al Progetto Industriale anche il “plus” di essere i primi ad accedere al nuovo segmento di Borsa denominato “Expandi”, cosa che imponeva il rispetto di tempi stretti. L’idea di base era nata alcuni anni prima, riflettendo sul futuro di un Azienda - già ben posizionata nella sua nicchia di mercato - alla ricerca di nuovi orizzonti nel settore di riferimento: l’Ambiente. Qui, ritengo che abbia contribuito un mio passato da “fantasista” , ben radicato però su di una struttura e forma mentis da ingegnere. Dalla descrizione e segmentazione del mercato dell’ambiente, in prima analisi suddiviso in Acqua – Aria- Terra e Fuoco (Energie Innovative), nacque un primo progetto, chiamato “SOS ambiente”: un sistema centrale per gestire l’aggregazione delle migliori competenze individuali sul mercato, per ciascuno dei segmenti individuati. Un meccanismo complesso, estremamente ambizioso, forse presuntuoso, che avrebbe consentito alle autorità preposte al governo del territorio e dell’ambiente, ed al mercato privato, di disporre in modo organico ed organizzato delle più efficaci ed efficienti soluzioni disponibili: uno strumento che ancora non esisteva. E che poteva sfociare in una sorta di delega in outsourcing di responsabilità ambientali, sorretta dalla garanzia di cadere nelle mani giuste. Apro in proposito una parentesi, per comprendere come questo progetto realizzato in anteprima in Italia, aveva i presupposti di un Business Model da esportare. Il nostro Paese infatti rappresenta il più interessante laboratorio ambientale del mondo: è distribuito in pochi kmq di montagne aspre e pianure densamente popolate, corsi d’acqua e sottosuoli a forte rischio idrogeologico, sismico, erosivo, con alti livelli di inquinamento chimico, acustico ed elettromagnetico; il tutto concentrato in un Paese altamente sviluppato e tecnologico, un passato poco attento a questi temi, un presente con una forte coscienza sociale, spesso deformata da correnti strumentali a scopi politici. C’è veramente di tutto. Quando presentai questo progetto alle maggiori autorità Ambientali, – era la fine degli anni ’90 – ricordo quale fu il commento: “Questo è un progetto ambientale molto ambizioso, quasi presuntuoso: sarebbe un fatto eccezionale riuscire a realizzarlo.” Ciò fu di sprone : da lì è partita il progetto di sviluppo di Greenvision ambiente, poi sfociato nel progetto borsistico.

Cosa consiglierebbe ad un imprenditore che debba decidere se quotarsi?

E’ necessario disporrre di un progetto con una buona connotazione innovativa, forti fattori differenzianti , perché non si può partire da mediocri, ma convinti di essere i migliori nel proprio settore. Importante anche scegliere il perimetro geografico di competizione e studiarne le barriere al’ingresso: siamo in un mercato sempre più agguerrito e minacciato da economie ieri lontane ma oggi vicine, in cui valgono regole di competizione diverse e non sempre eticamente corrette. Bisogna poi essere consapevoli che, con la quotazione, si diventa “Azienda pubblica”, e si perde il diritto di fare ciò che si vuole a casa propria: comunicazione, efficienza, controllo, trasparenza, adeguata governance, diventano temi quotidiani obbligatori che, oltre ad assorbire nuove risorse, concorrono a determinare il risultato borsistico. Per chi è già esperto nel creare valore “levereggiando” finanza, comunicazione e immagine, visti i recenti accadimenti, devo ricordare di porre la giusta attenzione tra queste pratiche e l’antico concetto che il valore si crea dal basso, con la capacità di creare sani e competitivi prodotti, con adeguate piattaforme industriali. Il settore dell’Ambiente rappresenta un’opportunità, e per chi ha le giuste competenze, una via di minor resistenza.

Quali obiettivi sono stati realizzati nel periodo successivo alla quotazione? E quali nuove frontiere ha aperto l’ingresso decisamente positivo in Expandi?

Una premessa per spiegare perché Expandi, nonostante avessimo i numeri per accedere ai segmenti superiori: proprio in quel periodo si stava operando la conversione del vecchio Mercato Ristretto a questo nuovo segmento di Borsa , e ci venne offerta la possibilità di fare da apripista. Questa cosa ci è piaciuta: esordire con un progetto innovativo nel nuovo mercato Borsistico, avrebbe moltiplicato l’effetto comunicativo, spinto altre Aziende ad accedere al nuovo segmento ed attratto molti investitori. Così è stato. Dopo l’IPO, abbiamo utilizzato la visibilità, la competenza gestionale acquisita, la provvista finanziaria per fare acquisizioni nel 2004, 2005 e 2006. I passi successivi nel nostro progetto sono stati la logica conseguenza della strada che avevamo ben tracciato.

Emma Mercegaglia recentemente ha auspicato una maggiore efficienza energetica come motore per lo sviluppo del paese. Secondo lei attraverso quali passi sarà possibile incentivare tale progetto? Quali altri ambiti andrebbero valorizzati unitamente al risparmio dell'energia?

Una delle chiavi di lettura del mio progetto era fondata proprio sui due pilastri che governano gli sviluppi futuri: la materia e l’energia. Fino a qui il pilastro materia è stato letto in chiave di estrazione di materie prime (petrolio, gas, minerali): la nuova chiave di lettura si basa sul riutilizzo dei materiali che sono già stati estratti ed utilizzati una prima volta, rigenerandoli e riqualificandoli come addirittura migliori del materiale originario. Cosa che è possibile grazie alla tecnologia. Sotto il profilo, in senso lato, del miglioramento a cui Emma Marcegaglia faceva riferimento per la necessità di operare ricerca e sviluppo nell’ambito dei materiali, si dovrebbero inventare nuovi materiali o nobilitarli partendo dall’utilizzo di quelli che già esistono, facendo di nuovo una mappatura del ciclo di vita di ciascun materiale e facendo in modo che niente vada disperso. Nell’ipotesi di costanza di consumi si potrebbe pensare ad un ciclo chiuso, ma gli incrementi demografici e di livello degli standard di vita generano aumenti dei fabbisogni, a cui bisogna trovare risposte nuove. “Pangea”, la nostra Terra, ha capacità autorigeneranti, non infinite, che possono essere utilizzate con accortezza per riempire il gap tra fabbisogno e disponibilità derivanti da riutilizzo. Il mondo vegetale ne è la porta d’accesso: Attraverso un utilizzo accorto delle piante si possono ottenere grandi quantità di materia per i più svariati usi: dal mondo delle costruzioni, all’elettronica, ad ogni campo biomedico, all’industria aerospaziale. Ed una pianta si rigenera in un milionesimo del tempo necessario al regno minerale. La risposta alla giusta osservazione della Marcegaglia è che bisogna ricordare che oltre al mondo dell’energia esiste anche un mondo della materia nel quale c’è ancora molto da fare. Il problema fondamentale però del paese Italia è che siamo rimasti indietro di almeno un ventennio nelle attività di ricerca e sviluppo: forse non tutto è perso, e se anziché esasperare la ricerca di creazione di valore solo attraverso costruzioni finanziarie si tornasse ad investire su sane piattaforme industriali, fondate su competenza e competitività, forti della storia e della fantasia che ci caratterizza (noi Italiani), forse le cose andrebbero diversamente. Investire in ricerca è oggi imperativo, e i nostri governanti dovrebbero fare qualche sforzo in più per ricostruire un futuro per l’imprenditorialità italiana. Anche nel settore dell’energia e delle costruzioni avanzate, in cui opero da oltre trent’anni, ci sarebbe tanto da dire per ricostruire nuovi vantaggi (per il mercato) e opportunità (per gli imprenditori). Ci vorrebbe solo un po’ più di spinta , perché le competenze già ci sono. .

Un progetto di ricerca in cui consiglierebbe e auspicherebbe di investire.

Mi sono permesso di dare qualche suggerimento e qualche orientamento, ma i progetti su cui puntare me li tengo ben stetti in questo momento.

Il nostro sito dedica una intera sezione alle iniziative di Mecenatismo realizzate da professionisti della finanza, lei che opera attivamente in un progetto come Arte Reale nella promozione della cultura, a quali eventi vorrebbe dare voce?

La mia famiglia si occupa di arte per pura passione da oltre quarant’anni. Mio padre aiutò artisti di paesi dell’Est Europa a fuggire dai regimi comunisti, nei quali, sebbene di grande valore, erano compressi ed artisticamente prigionieri. Arrivarono nostri ospiti in Italia, e qui li aiutammo a lanciarsi su mercati internazionali, spesso con grande successo e risonanza. Molti di quegli artisti oggi sono diventati famosi. E’ rimasta la soddisfazione di aver fatto qualcosa di buono. Ritengo il patrimonio culturale e la capacità di espressione artistica il bene più prezioso che la natura ha regalato all’uomo, ciò che ci distingue dagli altri esseri viventi. Questa attività di dedizione all’arte, avviata da mio padre, era gestita in funzione delle risorse disponibili in famiglia, spesso insufficienti rispetto ai desideri, ma non abbiamo mai fatto ricorso a “Sponsor”, né tantomeno intrapreso attività imprenditoriali in questo settore. Il mondo dell’arte, oggi, è molto cambiato: è diventato un vero e proprio mercato, al pari di ogni altro. Nel settore dell’Arte Contemporanea, si crea un nuovo “Prodotto”, cioè un Artista con la sua produzione, si comunica sul mercato, si aggiunge valore con azioni mirate, si crea un profitto per attori principali ed intermediari. Spesso tutto ciò avviene a prescindere dal vero contenuto artistico. La principale conseguenza è l’insorgere di diffidenza da parte di collezionisti o, in genere, amanti dell’arte, che già si devono districare nel difficile compito di valutazione di un asset così immateriale. Per questo abbiamo creduto di poter offrire agli artisti contemporanei che hanno un potenziale artistico (selezionati mediante il nostro comitato artistico) la possibilità e la libertà di avere una vetrina in punto di eccellente visibilità, il Quadrilatero della moda di Milano, un imbuto di passaggio di persone da tutto il mondo, offrendo inoltre una serie di aiuti per presentare le loro opere senza dover ricadere nella logica del mercato dell’arte. Questa è la finalità di Arte Reale, il cui obiettivo è riempire un vuoto, offrendo ad artisti che valgono la liberta di crescere sul mercato.

Come vede il suo futuro ora?

Senz’altro molto sfaccettato, come del resto lo era già prima. Terminata l’avventura Greenvision Ambiente/ Italdreni, alla quale – partendo da zero – ho dedicato gli ultimi vent’anni, intendo proseguire il mio passato da “costruttore di opportunità”. Certo, nel futuro presterò maggior attenzione alla scelta dei soci, ed in particolare agli equilibri di potere interno: cogliendo una massima di mia madre, che dice che da ogni male nasce sempre un bene, devo dire infatti che quest’esperienza mi ha dato molto, in ogni senso. Dalla fine degli anni settanta mi occupo di ambiente, di energie, di territorio e costruzioni. Ho costruito molte aziende partendo da zero, tutte di successo. Da allora, ciò che è cambiato, sono le conoscenze e l’esperienza maturata in questi settori, che oltre all’avviamento di nuove opportunità, stanno generando molte richieste da parte di terzi di coinvolgermi in strutture esistenti. In questi casi, il recupero dei miei capitali da Greenvision, mi consente ingressi sia operativi che finanziari in Aziende in crescita con forti presupposti di sviluppo. E’ li che ritengo di poter dare contributi interessanti, ma sui singoli casi debbo mantenere ancora riserbo. Ritengo comunque ancora fortemente , attuale ed ulteriormente potenziabile il mio progetto iniziale nel settore ambiente, con i suoi presupposti di costruzioni aggregative di competenze e risorse.

Quali suggerimenti darebbe a FinanzaStraordinaria.it per rispondere in modo sempre più concreto alle sue esigenze di professionista?

Di professionista, ma soprattutto di imprenditore, direi; e mai come in questo momento di potenziali grandi cambiamenti dopo il recente shock finanziario , il ruolo di un iniziativa come Finanza straordinaria può contribuire sensibilmente a diffondere cultura, conoscenze ed opportunità, perché ne ha i presupposti. Internet è una formidabile piattaforma comunicazionale; la finanza è al contempo generatore ed acceleratore di imprenditorialità; un team competente in senso trasversale e fortemente connotato verticalmente su temi attuali e critici, rappresentano un cocktail vincente. Credo che i temi legati all’ambiente, oggi, più di quelli legati all’alimentazione e alla salute, vedano un palcoscenico mondiale in cui il numero degli attori è ancora distante dalla misura da colmare. In In termini semplici, c’è più domanda potenziale che offerta, anche se la crescita di quest’ultima è stata di recente esponenziale. Non sempre però qualificata e competente: molte aziende, se avessero esordito con quei presupposti negli altri due più maturi settori citati (alimentazione e ambiente) , si sarebbero auto estinte in poche settimane. Ma per chi ha competenze vere, e vuole cavalcare la tigre, ora è il momento: ricordiamoci che da sempre la storia ci ha insegnato che ogni “gradiente”, ogni differenza di potenziale, è stato latore di grandi opportunità: si tratta solo di trovare le giuste chiavi di lettura, e… di saperle cogliere. Ad majora, dunque.

                                     Editor finanzastraordinaria  © www.finanzastraordinaria.it 01/12/2009

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