La riforma dei servizi pubblici locali

La riforma dei servizi pubblici locali: Proposta di una soluzione per tutelare gli interessi delle comunità locali, tutelare le volontà del legislatore e favorire una gestione fiscalmente efficiente.

A cura di Marco Arcari Docente universitario www.uniese.it

A seguito della pubblicazione nella gazzetta ufficiale del regolamento di attuazione dell'articolo 23 bis del decreto legge 112 / 2008 in materia di servizi pubblici locali un nuovo impulso alla cosiddetta " privatizzazione dei pubblici servizi" ha preso corpo.

La vicenda è ormai annosa, ne abbiamo già scritto in diverse occasioni [Family Office, marzo 2008, www.finanzastraordinaria.it, 2009]. In realtà il procedimento aveva avuto una prima evidenza legislativa tramite il decreto Lanzillotta per poi proseguire per numerosi anni fino ad oggi.

Questo articolo vuole suggerire una soluzione tecnica, tralasciando in quest'occasione, per lo meno parzialmente, il nostro intento divulgativo. Per tale motivo non si riportano i motivi che hanno condotto ad una legislazione specifica in tema di servizi pubblici locali ma ci soffermeremo solo sulla possibile soluzione, che abbia il pregio di contemperare numerose esigenze spesso in contrasto tra loro.

Cosa proponiamo:

La costituzione di un veicolo secondo le disposizioni della direttiva Presidente Banca d'Italia sulle SGR capitale ridotto, provvedimento del 18/7/2001, in cui gli enti pubblici territoriali abbiano la maggioranza del 51% e con una quota di minoranza (minimo 40%, per legge) posseduta da un privato operatore ed in ogni caso con la possibilità di far partecipare i cittadini stessi nel capitale dell'iniziativa per una quota minoritaria.

I benefici del modello:

  • capitale minimo (solo 100.000 euro richiesti per il capitale sociale della SGR)
  • costi ridotti
  • camera di compensazione naturale di tutti gli interessi, anche politici
  • fiscalità molto privilegiata
  • possibilità di compartecipazione per i cittadini
  • controllo al di sopra di ogni sospetto (Banca d'Italia)

Svantaggi

A discapito del plurale utilizzato nell'intestazione c’è solo un limite, più che svantaggio, di questa costruzione societaria ed è l'ammontare massimo di risorse che la società potrà gestire, non superiore ai € 25 milioni. Tale limite potrà precludere alle grandi città l'utilizzo di tale modello ma ben si adatta a tutte le medie città e ai consorzi di piccole città che spesso gestiscono i servizi oggetto di regolamentazioni della legge di cui si sta discutendo.

Oggi la soluzione più conveniente e meno traumatica possibile c'è ed è disponibile. Tale soluzione non obbliga a disperdere il patrimonio degli enti locali maturato in alcuni casi con anni di onorato servizio pubblico locale.

Anche i partiti politici più ostili a tale processo di “privatizzazione” delle municipalizzate potranno trovare in questa soluzione il giusto recepimento delle loro istanze. 

La privatizzazione delle municipalizzate o comunque il processo di compartecipazione dei privati nell’erogazione di servizi “pubblici” alla comunità locale è un lungo percorso, frammentato da ostacoli, cambi di corsia, inseguimenti rocamboleschi da parte della Comunità Europea nei confronti dell’Italia che ha visto prevalere per ora l’astuzia degli sfuggenti italiani.

A titolo solo di brevissimo richiamo non esaustivo ecco alcuni recenti provvedimenti sul tema:

DL 112/2008 convertito in legge 133/2008 modificata dal decreto 18/09/2010 (Ronchi, prevalentemente sull'acqua ma interpretabile per estensione). Ronchi salva -infrazioni, DL 1354/2009 convertito in L.166/2009 con l'evidenza pubblica della trattativa di affidamento dei servizi. Più recentemente: D.L. 78 del 2010 convertito in legge 122 del 2010 con i relativi regolamenti attuativi.

A nostro giudizio l'argomento in questione, pur tornato alla ribalta , non si può dire sia d'attualità per due motivi: 

  • è l'ennesima rielaborazione di previsioni legislative antecedenti 
  • soprattutto è stato prorogato nuovamente il termine con la manovra estiva 2010 (DL 72/2010)

si passa quindi dal 31/12/2010 al 31/12/2011 come termine per mettere in liquidazione le società che producono servizi pubblici di proprietà degli enti pubblici territoriali (" municipalizzate") e comunque la disposizione forza la dismissione delle quote o azioni.

La convinzione è che non sia l’ultimo dei rinvii ma ciò non toglie che il processo di" privatizzazione" dei servizi pubblici locali sia ormai avviato e difficilmente tale processo si potrà arrestare, pena anche sanzioni severe dell’Unione Europea.

Con l'approvazione dei regolamenti previsti dall'articolo 23 bis DL 112/2008 le informazioni cominciano ad essere più chiare e si prestano a questo nostro approfondimento-proposta (vedi sopra).

Incominciamo col citare i settori che sono esclusi dal presente Regolamento:

  • distribuzione gas naturale
  • distribuzione energia elettrica 
  • trasporto ferroviario regionale 
  • farmacie comunali

In sostanza con questo Regolamento il grosso delle attività pubbliche locali viene fatto fuoriuscire dalla soggezione alla presente norma, tali previsioni erano del tutto assenti nella precedente formulazione.

All'articolo 2, misura in tema di liberalizzazione viene nuovamente sottolineato come l'affidamento diretto di un servizio (ndr: ad ente pubblico territoriale o sue controllate) sia un fatto eccezionale. Questo conferma l’impostazione di base dell’impianto normativo.

Il conferimento della gestione viene ordinariamente assegnata a:

  • imprenditori di società individuate con gare pubbliche 
  • società a partecipazione mista pubblico-privata con selezione del socio con " gara" pubblica (tale socio dovrà avere compiti operativi e una partecipazione non inferiore al 40%)

Per assegnare "direttamente" il servizio pubblico senza gara sarà necessario spiegare i motivi dell'impossibilità di percorrere le due strade precedentemente individuate. La presente norma cerca di dissuadere la presenza del cd. Partner finanziario non operativo, probabilmente perché il partner operativo è visto come lo strumento necessario per migliorare la gestione attuale del servizio pubblico.

All'articolo 4 si specificano i limiti dimensionali rilevanti e alcune norme specifiche per il settore idrico, per quel che ci interessa:

  • servizio a " gara" superiore ai € 200.000 annui
  • 80% degli utili reinvestiti nel servizio

Dunque la soglia delle gare è prevista anche in presenza di importi assai modesti, questo per confermare la volontà di ricomprendere quasi tutti gli operatori del settore. Per chiudere questa nostra breve trattazione del problema alcuni aspetti secondari ma rilevanti:

Vi sono dei limiti per la società in "house" (quelle gestite dai “comuni” direttamente) per le assunzioni, per l’acquisto dei beni e altre previsioni vincolanti di pubblicità dell’operato che mirano a non rendere conveniente questa forma di esercizio dell’attività dei servizi pubblici locali

Articolo 8, distinzione tra le funzioni di regolazione e funzione di gestione

  • In quest'articolo si cerca di erigere una barriera insormontabile tra chi ha funzione di responsabilità nell'ente territoriale locale e chi dovrà gestire la "ex municipalizzata". il controllo si estenderà fino a coniuge, parenti e affini fino al 4° grado.

Spostando ora la nostra attenzione sugli aspetti economici emerge un quadro interessante, a nostro giudizio frutto di ardito progetto ma difficilmente accettabile dagli operatori privati. Integrando quanto previsto all'articolo 3 punto 4 comma c) in ordine alla modalità di liquidazione del socio privato alla cessazione della gestione emerge la ratio del provvedimento, sebbene non esplicitamente enunciata. Il rendimento dovrà essere capitalizzato e il privato vedrà la parte preponderante della propria remunerazione " all'uscita" dall'affidamento e non nel durante. Si sposterebbe il cash flow al termine del periodo. Così facendo si dovrebbe innestare una logica di selezione operatori " robusti finanziariamente" e non massimamente efficienti, forse creando un vulnus nella coerenza della ratio della nuova norma.

Nello specifico tale remunerazione dovrà trovare origine nella previsione che il valore che il gestore precedente dovrà percepire alla fine del servizio di gestione (in sostanza quando scadrà la sua concessione vinta nel bando di gara precedente) sarà pari al “valore contabile originario non ancora ammortizzato”. Non avendo però fissato nelle disposizioni normative l'ammontare dell'ammortamento annuo è facile prevedere l'utilizzo scriteriato di percentuali d'ammortamento da prefisso telefonico, del tutto scollegate dalla funzione e informazione economica garantita dal codice civile, con tutte le problematiche del caso.

Il risultato più probabile dell’insieme di queste previsioni sarà quindi una sostanziale indifferenza all’efficienza nella conduzione ordinaria dell’attività operativa. Tanto gli utili dovranno essere in massima parte reinvestiti, ma una grandissima attenzione alla massimizzazione della differenza tra quanto investito e quanto ammortizzato, vera fonte di profitto per l’operatore con in più un simpatico effetto secondario per quest’ultimo. L’ammontare contabile dei beni al netto dell’ammortamento tenuto artificiosamente alto rappresenterà anche una efficace barriera all’ingresso per l’eventuale tentativo di un nuovo entrante interessato al bando successivo. In sostanza il rischio serio è che in mancanza di previsioni specifiche rispetto ai punti sopra evidenziati, in un brevissimo ciclo di bandi nessuno riuscirebbe a subentrare al “dominus” precedente.

Come si suol dire il diavolo fa le pentole ma non i coperchi…

Marco Arcari 31 Marzo 2011